CARTA VETRATA/LEUCI, QUANTA ARIA FRITTA STA IN UN TEATRO?

Non ci sono imprenditori. Non ci sono abbastanza soldi per iniziare. Non ci sono nemmeno idee concrete per far impresa e non volontariato. C’è solo l’area (in realtà manco quella) come in Provincia ce ne sono da tirartele dietro.

Non è quindi forse il caso di dire che non tutto é oro quello che luccica, figuriamoci quello che ti fan credere che sberluccica a più non posso?

Prendiamo l’incontro in pompa magna di martedì al Palladium organizzato da 3 ex lavoratori della Leuci.
Possiamo dire che è stato tutto meno credibile addirittura del Progetto del figlio dei Pooh per Consonno?

Un incontro dove mio marito mi ha invitato ad andarci con lui per assistere ad una lezione di chimica: Quanta aria fritta sta in un palloncino? E in un teatro?

La serata sberluccicava di stampa, sindacalisti, partiti che non esistono più e altri che fa lo stesso. Quelli cioè alla Ecce Bombo.

Tolti veramente 6 o 7 cittadini incuriositi o forse dispersi sul Gerenzone, la città era assente. 100 persone di addetti ai lavori, parenti, associazioni, militanti e una bella fetta di millantatori quasi tutti tra quelli che han preso la parola, ma la città, per l’ennesima volta, era assente. Come da anni a questa parte.

Annunciata come la Bibba della nuova economia e dei nuovi piani quinquennali mancava però, ancor più della città, più gravemente, la realtà.

Un Piano industriale, un Progetto concreto economico e finanziario, un reale orizzonte di concretezza e verità.

Per oltre due ore si sono alternati “si potrebbe” “la città merita” “sistema Lecco” “Paradigmaticità della nostra vicenda” “laboratorio di idee”, “vedrei bene”.
Ma di fatti, di mattoni concreti, di passi avanti nemmeno il profumo.

Si va bene ripetevo a mio marito, i lavoratori poverini, lasciagli almeno i sogni dato che non gli rimane altro…
Ma lui provava a spiegarmi: È aria fritta, cara.
Lo è perché non han capito che c’è un problema.
Il non vedere che c’è un problema.
Preoccuparsi del testo e non vedere il contesto.
 
La serata al Palladium doveva essere l’aquila che spicca il volo, al termine di tre ore che manco dal parrucchiere o in spiaggia riesco a stare così a lungo, si è dimostrata la pietra che chiude la tomba.

Più che aumentare i fans, aggregare persone, quest’esperienza tenderà a perderle.
Oggi non si può far finta di non vedere che le istanze di Leuci son precipitate.
E non basta un consigliere regionale del Pd, che forse sbeffeggiando salutava chiamando tutti compagni, compagne.

I progetti veri, concreti, si sciolgono, uno dopo l’altro, come neve al sole.
Da anni si sta parlando di Lampioni autopulenti ma ho fatto a tempo a fare tre bimbe e non c’è nemmeno l’embrione di un progetto sull’area.
Se è un progetto innovativo, in 6 anni non lo è più se rimane sulla carta e si aspettano risposte che non arrivano.

Ora pare ci sia il taglio laser che tutto risolve, tutto risparmia. Tutte o quasi solo le aziende a cui servirebbe. Rivoluzionario. Però siam qui.
Dovrebbe esserci la coda ad accaparrarsi il brevetto.
Dovrebbe esserci l’urgenza a metterlo in produzione su scala per non perdere tempo e, invece…

Nessuno che vuole i soldi della Regione, nemmeno a fondo perduto. Strano, vero?
E Siamo ancora qui. Soli. Dentro capannoni dismessi della Leuci di 80 anni fa che paion l’unica area dismessa di tutta la Padania ed invece così non è.
Ma se non partono lì dentro i progetti, questi non possano partire altrove?

Io credo però, parlandone di ritorno in macchina con mio marito, che si è capito benissimo che la ricetta, quella vera, non c’è mai stata.
E in quel posto, lasciato svuotare dai macchinari, si è persa ogni possibilità di lotta.
Di salvezza.
Ora al rilancio dobbiamo crederci sulla parola?

Mio marito, che non ha mai tutti i torti, mi diceva quasi sotto casa: a questi non resta che occupare tutta l’area, e farla rivivere come un quartiere.
Chi non ce la fa più con l’affitto, con le spese, chi non ha luoghi dove ritrovarsi, gli studenti che verranno al Politecnico, chi non sa dove andare a dormire, a vivere, a giocare a pallone. Chi vuole coltivare un orto, insegnare e condividere le proprie competenze e i propri saperi, deve andare lì, ma in tanti, e occupare il posto.
Viverci per farlo rivivere. Ad iniziare dalle famiglie degli operai.
Superando l’idea di un posto mecantile, di una fabbrica che dà lavoro.
Ma germogliando un villaggio, un luogo di solidarietà e socialità, di resistenza e sperimentazione civica, il resto, poi, verrà da sé, argine forte, partigiano, alla celere dei padroni.

carta vetrata firma