ACQUA BENE PUBBLICO:
IL COMITATO CHIEDE
UNA NUOVA LEGGE REGIONALE

LECCO – C’era un grande assente all’incontro organizzato dal comitato acqua bene comune con i candidati lecchesi alle imminenti elezioni, ed era il Partito democratico, le altre liste collegate al capolista Ambrosoli invece c’erano pressoché tutte, alcune rappresentate da persone che da tempo sono vicine al movimento. Presente anche la Lega con Giulio De Capitani. E il Movimento Cinque stelle (una delle quali è proprio riferita all’acqua bene comune).

Che il tema sia molto sentito è dimostrato dal fatto che la sala della Banca Popolare Sondrio era affollata anche se non pienissima, molto di più di altri incontri elettorali.

In sostanza la richiesta del Comitato è semplice il rispetto di quanto 27 milioni d’italiani hanno chiesto ai politici attraverso i referendum: l’acqua deve essere in mani pubbliche ossia dei cittadini tutti e non deve essere oggetto di profitto, non ci si deve guadagnare sopra, perché è un bene essenziale.

Il quadro normativo però è davvero complicato, prima una legge regionale partita dalla Lombardia (ancora in vigore), poi una nazionale, che insieme hanno creato ampi spazi per gli azzeccagarbugli della confusione nella legiferazione.

I comitati da tempo cercano di migliorare questa situazione con proposte concrete: già dal 2007 una legge d’iniziativa popolare – come ha ricordato Roberto Fumagalli vice presidente dell’Associazione italiana per il Contratto Mondiale sull’acqua. Anche in Regione ne è stata proposta una.

Il quadro interessante emerso dalla serata è che tutte le forze presenti, anche la Lega che negli anni ha avuto posizione altalenanti, hanno colto il sentimento popolare per l’acqua pubblica. Ognuno dei candidati presenti infatti ha promesso che nei primi ‘cento giorni’ (in realtà i primi sei mesi, perché il trimestre trascorre con gli adempimenti dell’insediamento) l’argomento verrà ripreso a tutti i livelli. Mariani, sindaco di Mandello addirittura si è chiesto se non sia possibile rimettere in gioco l’azienda speciale tra quelle da prendere in considerazione a fine anno anno quando l’affidamento provvisorio a Idrolario della gestione dell’acqua scadrà.

Ricordiamo che in provincia di Lecco il servizio idrico è di fatto gestito da due entità separate: una è Idrolario e l’altra e Lario Reti Holding (entrambe sono di proprietà di 65 Comuni).

Idrolario nacque quando una norma regionale lombarda dichiarò che l’infrastruttura dell’acqua (fonti, acquedotti, depuratori) e la sua gestione dovessero per forza essere in capo a due società diverse. A Idrolario spettava il patrimonio e a LRH la gestione. Poi la Corte Costituzionale dichiarò la separazione illegittima. Ma Idrolario non aveva – e non ha – la struttura per occuparsi della gestione del servizio idrico, quindi, dovette avvalersi di Lario Reti.

L’assemblea dei sindaci a fine dell’anno in corso anno dovrà decidere a chi lasciare in mano il servizio idrico per i prossimi vent’anni. Chi non ama le complicazioni all’italiana dirà ovviamente a Idrolario, rimpolpata delle competenze che le mancano.

Ma dal niente, in seno a Lario Reti Holding è spuntata, fatta nascere per l’occorrenza, Idroservice (una terza società). I comitati vi si oppongono perché questa non verrebbe controllata direttamente dei sindaci, mettendo un grado di separazione tra l’acqua e i rappresentanti politici più vicini ai cittadini.

Secondo il comitato la forma che meglio rispetta il risultato dei referendum è l’azienda speciale perché è un ente pubblico e soprattutto non può fare profitti e quindi i cittadini sarebbero garantiti che sull’acqua non vi siano speculazioni di sorta. Questa ipotesi però, lo scorso dicembre è stata rigettata dall’assemblea dei sindaci, con una votazione improvvisa e gravata da modalità confuse. Tant’è che alcuni amministratori tra cui Mariani, appunto, si sta chiedendo se non sia il caso di trovare il modo di rimetterla in gioco.

Per questo motivo in un intervento accorato Germano Bosisio del Comitato ha chiesto di fare delle scelte nette e dichiarare non solo i principi ma le modalità in concreto con cui si darà corso a quanto indicato dalla volontà popolare.

I candidati presenti erano Antonio Anzivino, (Movimento 5 Stelle), Sandro Magni, (Etico di Andrea di Stefano), Marco Molgora (SEL), Simone Radice (Rivoluzione Civile) e già citati Riccardo Mariani (SEL) e Giulio De Capitani (Lega).

In sala anche il consigliere di Idrolario Alfredo Casaletto (Pdl) convinto sì che la volontà popolare vada rispettata, ma che pure sia necessario trovare le risorse per gli investimenti.

Tutti i candidati erano stati invitati non solo per sottoporre loro le tematiche dell’acqua, ma soprattutto per sottoscrivere l’appello redatto dal comitato: “di assumere come impegno dei primi cento giorni la formulazione di una legge regionale specifica sul governo e la gestione delle risorse idriche e dell’intero ciclo dell’acqua per tutti gli usi, evitando qualsiasi tentativo di mercificazione della risorsa e di privatizzazione della gestione;
inoltre e in particolare rispetto al Servizio Idrico Integrato (S.I.I.), si chiede che:
2) il S.I.I., inteso quale insieme delle attività di captazione, adduzione e distribuzione di acqua a usi civili, fognatura e depurazione delle acque reflue, sia classificato come un servizio pubblico locale di interesse generale, privo di rilevanza economica;
3) il S.I.I. sia organizzato sulla base di ambiti territoriali ottimali (ATO) corrispondenti ai bacini idrografici;
4) le province, i Comuni e la Città metropolitana organizzino il S.I.I. affidandone la gestione, per ciascun bacino, a soggetti di diritto pubblico;
5) la gestione del S.I.I. sia ispirata a promuovere il risparmio idrico e l’uso dell’acqua di rubinetto da bere. che leggiamo qui sotto”.