DI CAMMELLI, FALEGNAMI
E SPADE NELLA ROCCIA.
AMENITÀ TRA MONTI E LAGO

cammelloLECCO – Caro Direttore, a volte camminando tra nostri affascinanti paesi, se si presta un poco di attenzione, si possono annotare curiosità che poi ci spingono a qualche riflessione, anche sull’etimologia di parole che ormai sono diventate patrimonio comune, non fosse altro perché identificano località e riferimenti territoriali note ai più.

Se ad esempio si transita sul Passo del toro o sulla Cresta della giumenta viene naturale chiedersi da dove derivino queste diciture anche se è opinione comune che da quelle parti deve aver trovato un incerto destino l’animale in questione, lasciando così una traccia indelebile del suo passaggio e della sua fine, su quelle montagne. Quando si parla, invece, di Passo del cammello sarebbe davvero poco credibile sostenere che il gobbuto quadrupede, magari fuggito da un antico circo equestre di passaggio, sia salito fin lassù per esalare l’ ultimo respiro sotto al Resegone: il problema si risolve solo guardando attentamente lo skyline di quel versante che consente di individuare facilmente i due monticelli, o gobbe che dir si voglia, che hanno dato il nome a quel tratto di cresta.

Altre amene curiosità si possono incontrare se si passeggia dalle parti del rifugio Riva in quel di Primaluna, che in questi mesi per motivi famigliari ho ripreso a frequentare più assiduamente: salendo da Baiedo quando la strada ciottolata, nei Piani di Nava, svolta a sinistra verso Piaz e San Calimero, infatti, si può apprezzare lo sforzo di qualcuno che, simpatico e arguto, per rendersi utile al prossimo ha esposto uno strumento davvero indispensabile per scoprire come funziona la meteorologia locale. Leggere per credere.

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Poco più in alto, invece, uno quasi non crede ai suoi occhi: volgendo lo sguardo verso le vicine balze della parete Fasana, si può ammirare anche una moderna e riuscitissima riedizione della ” spada nella roccia“. Ovviamente qualcuno del gruppo di escursionisti che ci precedeva ha provato ad estrarre la lama dalla dura pietra ma nonostante gli sforzi e qualche doloroso stiramento, come la storica tradizione vuole, il ferro è saldamente rimasto al suo posto.

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Da queste parti però le sorprese non sono ancora finite: scendendo dal Passo della stanga verso il meritato pranzetto all’ormai vicino rifugio, il Parco della Grigna Settentrionale ci fa il graditissimo omaggio di un grande cespo di ciclamini che è riuscito a svilupparsi sopra un grosso e intagliato masso di calcare, nel bel mezzo del bosco di faggi che circondano la base del Dente che sporge tra il Prato del Giarc e il vicino Passo dello Zapel.

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Tornando al lago, che a volte sembra proprio di essere al mare, si sappia che una mano galeotta ha strappato il pungente messaggio che la proprietaria dei fiori rubati aveva affisso sulla ciclopedonale di Pescate, per richiamare all’ordine chi saccheggiava, con regolare continuità le primizie floreali proprio davanti a casa sua: sarà stata la stessa mano che proditoriamente aveva compiuto il misfatto? L’ultima parola alle telecamere del comune, sempre così attento a quel che succede in paese e alla sicurezza dei suoi abitanti.

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Tornando a parlare anche di etimologia delle parole, un riferimento al già citato Resegone che sembra spuntare tra gli ulivi e le alghe del lago di Garlate, qualche imbarazzo è d’ obbligo. Come del resto viene naturale un certo imbarazzo quando si tenta di spiegare, pur con parole semplici, l’origine del suo nome alle signore di passaggio: le “indigene” si sono smaliziate e non ci cascano più di sicuro. Provate voi a spiegare a una innocente e un po’ curiosa turista in transito che nell’idioma natio “Resegun” deriva dal noto strumento del falegname o meglio del boscaiolo, denominato sega, e che di questi strumenti ce n’è di piccoli e pure di molto grandi per via dell’uso che se ne fa.

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Visto che Resegun non è certamente il diminutivo dello “strumento” di che trattasi, le conclusioni traetele voi.

Ci vuole tatto ma credetemi, lo stesso, non è facile!!

Lettera firmata