DIBATTITO SUL DEF, L’INTERVENTO:
“SE CAMBIANO I PARADIGMI…”

Stiamo assistendo ad un dibattito mediatico sulla manovra di bilancio (DEF) che sta scatenando una vero e proprio fuoco di fila sulle scelte di programmazione triennale del nuovo governo.
Molti sono i cosiddetti esperti che si stanno alternando nell’aspra critica argomentativa ma sarebbe un gravissimo errore lasciare in mano ai soliti soloni le valutazioni di merito e metodo.
Ogni cittadino non superficiale infatti, che non voglia cadere nella solita trappola della delega incondizionata alla classe dirigente, ha il diritto-dovere d’interrogarsi a fondo su ciò che sta accadendo.
Ed allora ecco qui alcune mie considerazioni personali, da cittadino in ricerca di una maggior giustizia.
A mio parere in gioco c’è ben altro che le misure economiche pur così significative :
E’ in corso un iniziale tentativo, pur graduale e non scevro da qualche inevitabile contenuta contraddizione, di modificare i paradigmi tradizionali e consolidati dell’azione politica ed economica. Paradigmi da sempre mutuati da un sistema neo liberista che pretende di condizionare dalla culla alla morte la vita di tutti.
Paradigmi come libero mercato, debito, competitività, crescita, prodotto interno lordo, spread, ormai sono diventati da tempo i feticci di una nuova religione che spaccia come interesse generale ciò che avvantaggia una sempre più ristretta minoranza di uomini.
Se i cosiddetti mercati condizionano la vita di interi popoli, se in nome di maggiori profitti si licenziano migliaia di lavoratori, se in ragione di una solo presunta concorrenza si consente al più forte ed al più cinico di azzerare il più piccolo ed il più socialmente responsabile, se in nome del libero mercato si specula anche sul valore del cibo, se si favorisce il far sodi coi soldi e non con il lavoro, se alcuni punti di borsa valgono più della vita di milioni di poveri, se l’ambiente viene sacrificato ad una crescita compulsiva, se tutto diventa merce compresi i diritti fondamentali ed i Beni Comuni Primari, e se soprattutto le disuguaglianze e gli squilibri aumentano invece che diminuire…. allora tutto questo non si può più chiamare civiltà ma barbarie.
E quindi diventa indispensabile utilizzare un diverso metro di misura e strumenti conseguenti, oltre che il coraggio di iniziare un vero cambiamento di sistema visto che il sistema e le sue logiche , spacciate strumentalmente come le uniche possibili, sono “entrate in vena” di gran parte delle sue vittime.
Lo dice apertamente da tempo anche un papa scomodo come Francesco quando afferma che : “ Quando la società – locale, nazionale o mondiale – abbandona nella periferia una parte di sé, non vi saranno programmi politici, né forze dell’ordine o di intelligence che possano assicurare illimitatamente la tranquillità. Ciò non accade soltanto perché l’inequità provoca la reazione violenta di quanti sono esclusi dal sistema, bensì perché il sistema sociale ed economico è ingiusto alla radice (p.59 dell’Evangelii gaudium).
Ed allora ben vengano il reddito di cittadinanza – già presente sotto varie forme in altri paesi – che incomincia a porsi nei fatti il problema di una redistribuzione della ricchezza ma anche dei suoi effetti positivi sulla domanda interna e sul mondo del lavoro ( tutt’altro che assistenzialismo come sostengono i soloni salottieri che, ben al “caldo”, si permettono di discettare ipocritamente su coloro a cui è negato anche l’essenziale ) e così pure, con le stesse valenze, la riduzione della “pensioni d’oro” e il superamento della “Fornero” con i suoi sicuri effetti anche sull’occupazione giovanile. Ben venga il rimettere al centro la persona e non la massimizzazione dei profitti (aperture domenicali regolamentate, norme anti delocalizzazioni e gioco d’azzardo) e la non soggezione ai grandi gruppi (vertenza ILVA e la tragica vicenda del ponte Morandi) ma soprattutto il riprendere una seria riflessione su di un qualificato ruolo pubblico nei servizi primari (nazionalizzazioni invece che privatizzazioni).
Così pure mettere in discussione, non solo a parole ma nei fatti, i dogmi dell’austerity e dei diktat di un’Europa costruita a parole per i popoli, ma nei fatti soggiogata da regole neoliberiste a vantaggio dei più forti.
Non è un caso che la sua banca centrale costitutivamente non preveda prestiti ed aiuti diretti a tassi calmierati agli Stati in difficoltà, contrariamente a quanto assicurato ai gruppi bancari (mercato primario), ma solo attraverso i mercati (mercato secondario) favorendo quindi di fatto i suoi effetti speculativi.
Senza parlare dei meccanismi iniqui spesso alla base dei debiti sovrani (consiglierei a tutti coloro che non si vogliono far irretire dal “pensiero dominante” di leggere l’agile libretto “Dacci oggi il nostro debito quotidiano” di Marco Bersani) degli Stati su cui si è consentito di scaricare gli effetti nefasti delle bolle speculative prodotte dai grandi gruppi finanziari privati.
Oppure alla grande quanto taciuta questione degli interessi che l’Italia, come molti altri stati, sta pagando ai cosiddetti investitori (spesso gli stessi che hanno prodotto le bolle speculative) nonostante che da oltre 20 anni abbia bilanci virtuosi (con entrate maggiori delle uscite al netto degli interessi).
Contro tutti questi dogmi del cosiddetto “pensiero unico” e nella direzione di una rinnovata centralità dell’Uomo, dovrebbe configurarsi l’ azione di qualsiasi governo che abbia realmente a cuore l’interesse collettivo che non potrà mai prescindere in primis dalla lotta ai gravissimi squilibri economici che caratterizzano questo modello di sviluppo.
Ecco perché non dovrebbe mai mancare, a mio parere, nei confronti di questo governo una vigilante e costruttivamente sollecitante attenzione di quelle forze che storicamente hanno fatto della lotta alle diseguaglianze il loro fondamento.
Naturalmente ed in contemporanea occorre confutare il paradigma della componente leghista che rischia di ridurre strumentalmente alla sola dimensione nazionalistica (con qualche valutazione non del tutto infondata) l’intera questione sviando l’opinione pubblica dalle vere cause e dai veri responsabili degli squilibri planetari che sono alla base dei flussi migratori ma anche dell’impoverimento generale.
Ma cosa farà la “sinistra”, di cui mi onoro ancora di far parte ? andrà in piazza come fa il PD contro i più poveri in nome di presunti interessi collettivi ma nei fatti schierata da tempo con le élite finanziarie ?
E si riuscirà tutti, al di là delle proprie simpatie politiche, a comprendere che siamo in presenza di un nuovo classismo élitario che concentra sempre più in poche mani le leve del potere, in ragione di teorie economiche costruite ad hoc per soggiogare anche “culturalmente” le proprie vittime ?

Germano Bosisio