IMMAGIMONDO ALLA SCOPERTA
DEL MUSEO ETNOGRAFICO
DELL’ALTA BRIANZA

P1190961GALBIATE – Sabato sera, presso l’eremo del Monte Barro a Galbiate, nel contesto di Immagimondo, si è tenuta la conferenza “Ma che cos’è questo museo etnografico?” presentata dal professor Massimo Pirovano, direttore del Museo Etnografico dell’Alta Brianza.

Museo che nacque 15 anni fa quando Giuseppe Panzeri chiese proprio a Pirovano di creare uno statuto. La struttura intanto era in ristrutturazione su progetto di Giulio Polti; il risultato fu notevolissimo, l’intuizione del professor Panzeri di creare un museo contadino fu ampliata in questo senso verso l’etnoantropologia.

“Lo scopo di un museo etnografico e antropologico” ha detto sabato Pirovano “è quello di descrivere e studiare una popolazione, o meglio un gruppo umano. Ci proponiamo infatti di studiare le attività di un gruppo di uomini e donne, nel territorio dell’Alta Brianza. Si doveva però fare antropologia d’urgenza, poiché si voleva raccogliere le credenze, gli usi e le pratiche che rischiavano di scomparire, poiché appartenenti ad un’epoca preindustriale”.

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Durante la conferenza è stata presentata una collana di pubblicazioni realizzata grazie al finanziamento del Parco del Monte Barro, poiché non può esistere un museo antropologico senza la ricerca sul campo.

La collana è composta per ora da sei volumi che trattano di argomenti di vita quotidiana.

Innanzitutto il primo volume riflette sul significato del museo e contiene una parte delle ricerche che verranno sviluppate poi nei successivi volumi; il secondo volume, tesi di laurea in etnomusicologia di Francesco Motta, affronta il tema di ‘Campane e Campanari in Brianza’; il terzo volume è curato da Rosalba Negri e presenta le due autobiografie di Giovanni Piazza: la prima scritta normalmente su un’agenda, mentre la seconda integrando le parti scritte con delle immagini e dei dipinti propri; la cosa incredibile di queste autobiografie è che viene ad unirsi la vita quotidiana di un uomo di estrazione popolare con i fatti storici di inizio novecento; il quarto volume è un’altra autobiografia, questa volta di un costruttore di flauti di Pan: Angelo Sirico; il quinto volume intitolato ‘Dal Campo al Museo’, campo sia nel significato agricolo, ma anche come posto dove l’antropologo fa le sue osservazioni; infine il sesto e ultimo volume tratta dello studio del ciclo della vita, in particolare della nascita, anch’esso è stato curato da Rosalba Negri

“Quello che fa la differenza tra una raccolta e un museo è la ricerca scientifica, perché questo serve per comprendere la cultura di una persona che è una cosa complessissima” con queste parole il professor Pirovano ha concluso l’incontro.

A. G.

 

 

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