LECCO – La fabbrica come speranza in una vita migliore, per chi viene dalla montagna, è la stessa che diventa una condanna, un pericolo, un problema più grande ancora della disoccupazione. E incomincia a diffondere la paura nei suoi operai che lentamente muoiono a causa dell’amianto.
Partendo dalla presentazione del romanzo,“La fabbrica del panico”, di Stefano Valenti, edito da Feltrinelli, Qui Lecco Libera ha organizzato ieri una vera e propria serata di approfondimento sul tema dell’amianto, in cui è intervenuto anche Michele Michelino, del Comitato della difesa della salute nei luoghi di lavoro di Sesto San Giovanni.
Proprio un libro dell’associazione, “Operai, carne da macello”, ha spinto l’autore valtellinese a scrivere: il romanzo racconta il tentativo di un figlio di ripercorrere la storia del padre ammalatosi di tumore a causa del lavoro in fabbrica, e che, grazie all’aiuto di un operaio sindacalista, scopre intrecciata a quelle delle tante altre vittime di questo male nascosto.
Un male che nel nostro paese causa, in base ai dati INAIL, ben 2000 morti all’anno. In Italia la commercializzazione dell’amianto è stata vietata dal ’94, con un ritardo di ben nove anni rispetto al resto dell’Europa, ma il problema è più che attuale come dimostrano i numerosi processi in corso (il più famoso dei quali alla Eternit di Torino). L’amianto ha infatti un periodo di latenza di quarant’anni e il CNR stima che in tutta la nazione ci siano 32 milioni di tonnellate di amianto.
“Un problema che ormai è di tutti perché l’amianto è ovunque” ha ricordato nella sua toccante testimonianza Silvestro Cappelli, ex operaio ammalatosi di tumore dopo diciassette anni nella fabbrica Breda.
E’ il caso della lecchese Cinzia Manzoni, il cui padre si è ammalato lavorando in banca, in un luogo apparentemente senza rischi. Dal suo impegno e da quello di altri sta nascendo a Lecco un’associazione a sostegno delle vittime dell’amianto: nel 2012 in città il quantitativo bonificato ha portato al risparmio di 900 kg di fibra rilasciata nell’atmosfera.
Il messaggio del libro e delle serata lascia in fondo una speranza: se spesso le istituzioni, i sindacati, gli enti sanitari si sono dimostrati e si dimostrano sordi a questo problema, un’azione di contrasto è possibile attraverso associazioni e comitati, che tutti, non solo gli ex operai, dovrebbero sostenere.
Chiara Vassena