LECCO IERI & OGGI N°92:
L’INAUGURAZIONE NEL 1891
DEL MONUMENTO AL MANZONI

INAUGURAZIONE DELLA STATUA DEL MANZONI - 11.10.1891

LECCO – Iniziati in questi giorni i restauri per riportare all’antico splendore la statua di Alessando Manzoni, questa settimana interrompiamo l’excursus lacustre per tornare in città e dedichiamo la 92esima puntata della rubrica Lecco Ieri & Oggi alla inaugurazione del monumento avvenuto l’11 ottobre 1891.

All’inaugurazione della statua del Confalonieri, stesso autore di quella di Garibaldi nell’omonima piazza (di cui abbiamo parlato nella puntata 61), parteciparono, tra gli altri, due personalità di altissimo livello dell’epoca: il senatore Gaetano Negri e, soprattutto,un estimatore del “Lisander” che 15 anni dopo avrebbe vinto il Premio Nobel per la Letteratura e cioè Giosuè Carducci che tenne, all’allora Hotel Croce di Malta (di cui abbiamo parlato nella puntata 27), il famoso “discorso di Lecco”.

Interessante celebrare i lavori di restauro di un monumento caro a tutti i lecchesi, riportando integralmente il discorso di Giosuè Carducci, nel quale tra l’altro chiarisce i suoi rapporti con l’autore dei Promessi Sposi.

«Ringrazio dell’onorifico invito la cortesia lombarda, tanto buona e graziosa nel bel paese dei Promessi Sposi.
Mi rallegro con l’arte lombarda di questa immagine del poeta della verità, tanto bene effigiata dallo scultore Confalonieri.
Sento ancora profondo l’insegnamento e il piacere della vera sana ed alta cultura lombarda nelle eloquenti parole onde il senatore Negri ha illuminato in tutti i suoi aspetti il genio e l’opera di Alessandro Manzoni.
E a questa festa del Manzoni in Lecco, festa non pur nobilmente provinciale ma gloriosamente italiana, io sono onorato di rappresentare la Università di Bologna; ma, anche senza rappresentanza, sarei accorso di gran cuore, come scrittore e come uomo.
Corre una leggenda di avversione mia al Manzoni. Avversario al Manzoni io che prima d’ogni altra poesia seppi a mente il coro del Carmagnola, e ho ancora a mente tutti gli inni sacri e le altre liriche, che a quindici anni avevo letto già, cinque volte, i Promessi Sposi.
Nel triste decennio avanti il sessanta, quando certi malvagi uccelli garrivano con sparnazzamenti delle lor brulle penne sotto il volo dell’aquila lombarda, io ebbi il torto di pigliarmela con l’opera religiosa del Manzoni. Ma ben tosto mi ravvidi, e credei e credo che pur negli inni sacri, così schivi della dogmatica e della formalità cattolica, risplendano quasi i principii stesi della rivoluzione, la fraternità anzi tutto e l’egualità umana, e poi anche la libertà intellettuale e civile, altamente sentiti da uno spirito cristiano con la temperanza della filosofia e dell’arte italiana.
E mi dolsi e mi dolgo con rammarico, io che amo sopra tutto la gran poesia in versi, che il Manzoni, giunto alla maggior potenza della sua facoltà poetica con l’Adelchi e con la Pentecoste, quando mostrava più simpatica caldezza di rappresentazione che non il Goethe, più armonica saviezza d’invenzione che non l’Hugo, mi dolsi e mi dolgo che ristesse.
Colpa le condizioni politiche pur troppo. Ma poiché dalla poesia voltosi alla prosa e nella prosa intesa meglio la propria virtù geniale fece del romanzo la gran vendetta su ‘l dispotismo straniero e su ‘l sacerdozio servile ed ateo, io mi costringo a sentire meno acervo il rammarico delle grandi opere di poesia ch’egli poteva ancor fare.
Il sacerdozio comprese, e smorzò ben presto l’accensione per gl’inni sacri. Don Abbondio era una comica ammonizione al basso clero, padre Cristoforo i il cardinal Federico erano un tragico rimprovero al clero alto. Certi ammonimenti e certi rimproveri la curia romana non li vuole; e forzò il cattolicesimo a respingere la mano che verso la metà del secolo l’ingegno e la dottrina laica gli porgevano.
La Curia romana respinse l’arte sovrana del Manzoni, l’eloquente dialettica del Gioberti, l’alta filosofia e la virtù incontaminata del Rosmini. Meglio così. Io applaudo al Alessandro Manzoni.
E applaudo a quella grande arte lombarda, che in tre tappe (perdonatemi il barbaro termine) rinnovò la coscienza letteraria e civile di nostra gente: la moralità col Parini, la realtà col Porta, la verità con Manzoni. E come la verità intuita in tutti i suoi aspetti da un grande e sereno intelletto, da un animo alto e puro, diviene per sé stessa idealità, io applaudo all’interesse dell’arte in Alessandro Manzoni.
Viva l’Italia!» (Giosuè Carducci, Discorso di Lecco, 11 ottobre 1891).

Per la realizzazione del monumento un plauso particolare va ad Antonio Stoppani, promotore dell’iniziativa, che nonostante le opposizioni politiche ed economiche era riuscito a raccogliere i fondi necessari per far erigere la statua con una sottoscrizione pubblica. Purtroppo il buon abate non riuscì ad assistere all’inaugurazione in quanto morì all’inizio del 1891, ma il suo spirito fu presente attraverso le parole del discorso dettato in punto di morte.

A. G.

Inaugurazione della Statua per Alessandro Manzoni a Lecco, 11 ottobre 1891
Inaugurazione della Statua per Alessandro Manzoni a Lecco, 11 ottobre 1891