PEDINATA COME UN’OMBRA
CERCA AIUTO IN CENTRO LECCO.
IL RACCONTO DI DUE DONNE
IN UNA MATTINA QUALUNQUE

stazione - piazza legaLECCO – Il coraggio della quindicenne valsassinese che ha denunciato le molestie subite nella stazione di Lecco nell’indifferenza generale ha convinto un’altra donna a raccontare un episodio simile che l’ha vista testimone.

“Qualche tempo fa mi è capitato di aiutare una signora, accompagnandola appunto in stazione, dove non abbiamo trovato molto aiuto – spiega la donna -, avevo scritto qualche riga in cui spiego l’accaduto, c’è di che riflettere credo ma lasciato chiuso nel mio pc non serve a niente…

L’altro giorno mentre stavo camminando in una delle piazze principali di Lecco mi si avvicina una signora chiedendomi indicazioni per arrivare alla stazione dei treni. Io e il mio inesistente senso dell’orientamento ci impegniamo a darle una risposta il più possibile accettabile, quando noto che la mia interlocutrice quasi non mi ascolta, guarda nervosamente altrove e mi chiede in che direzione invece sto andando io. Dentro di me scatta una prima reazione di difesa, memore degli insegnamenti di mammà che ha sempre detto di non dar retta agli sconosciuti. Ma penso ‘In fondo sono in una piazza gremita di gente, cosa può succedere?’ Mi allontano di un passo da lei, stringo a me la borsa con nonchalance e, dandole rigorosamente del ‘Lei’ per marcare ulteriormente la distanza, le dico che effettivamente anche io sto andando in un negozio proprio di fronte alla stazione e che possiamo fare un pezzo di strada insieme. A quel punto mi confessa di avermi fermata perché era arrivata al limite della sopportazione, stava rasentando il panico.

Da un po’ un tizio la stava seguendo. Si gira, me lo indica e lo vedo poco distante da noi…lui un uomo anonimo e io senza occhiali da vista! Ci avviamo mentre mi racconta di aver fatto un gita a Bellagio, di essere scesa dal battello all’Imbarcadero di Lecco e di aver notato subito che questa persona la stava fissando mentre lei aveva in mano il suo vistoso cellulare. Da quel momento ha iniziato a seguirla come un’ombra. Impaurita, ha cambiato direzione, si è avvicinata alla gente che passeggiava sul lungo lago, si è fermata. Lui sempre attaccato dietro che manco con la colla. Insomma le ha tentate tutte, compreso fermare me, terrorizzata al pensiero che potesse seguirla fin sul treno che doveva prendere per andare a Monza.

ombra pedinamentoOsservo questa persona e la ascolto parlare, non mi pare una pazzoide e, pur stando un minimo sulla difensiva, decido di darle il beneficio del dubbio. Camminando lungo via Cavour vedo l’insegna delle libreria di cui conosco praticamente ogni scaffale e le chiedo se le interessa un libro, giusto per avere la scusa per fermarci. Fingendo di curiosare tra i titoli esposti in vetrina, vedo il tizio riflesso sul vetro che si apposta dall’altra parte della strada esattamente alle nostre spalle e ci fissa. Il mio dubbio che questa signora si fosse inventata tutto o che almeno avesse frainteso la situazione, inizia seriamente a vacillare.

Arrivate davanti al negozio dove ero effettivamente diretta, con lui sempre appresso, le propongo di entrare con me. Chiusa la porta alla mie spalle, vedo il nostro nuovo amico appoggiarsi al muro dall’altra parte della strada esattamente di fronte al negozio, a braccia conserte. A questo punto, anche senza occhiali, dubbi non ne vedo proprio più!

Ci avviamo verso la stazione rigorosamente seguite dal terzo incomodo e le dico che ha tutti i diritti di chiamare la Polizia, almeno per segnalare la cosa, anche se effettivamente non è successo nulla di ‘denunciabile’ e onestamente nemmeno io saprei bene cosa dire. Mi chiedo seriamente cosa si debba fare in questi casi, come è meglio gestire una situazione del genere… domani pedinano me e cosa faccio, a parte stare in mezzo alla gente? Come mi difendo? Insomma chiedere alla Polizia mi sembra la cosa migliore.

Mi viene in mente che in stazione c’è la sede della PolFer e mentre lei fissa il tizio che si è appostato a distanza, provo a suonare. Ufficio vuoto come il Deserto dei Tartari in inverno. Chiedo a un ferroviere in servizio se aveva visto in giro la Polizia e mi dice che al pomeriggio l’ufficio è chiuso, sono presenti solo al mattino. Adocchio due esponenti della Security Team che sorvegliano la stazione: divisa, muscolazzi e altrettanti pistoloni in bella vista. Spiego la situazione e di tutta questa storia la loro risposta è ciò che onestamente mi ha fatto rimanere più male. Tono secco, sguardo dall’alto al basso: ‘Seee va beh, ma sei sicura che ‘sta tizia è normale?’ Del tipo, sarà un povera esaurita che si è inventata tutto di sana pianta, una cretina fobica insomma. In ogni caso, errori grammaticali a parte, mi rimpallano alla Polizia.

polferBasita dalla risposta, non riesco a replicare come vorrei… mannaggia a me e ai miei biblici tempi di reazione. Beh lo faccio qui, rispondo adesso. Sì, questa donna è normale e grazie a Dio, dall’alto dei suoi 50 anni ben portati, è dotata di un buon sesto senso che finora l’ha difesa egregiamente. Era solo impaurita e spaventata. Non vi sarebbe costato nulla avvicinarvi a lei insieme a me, guardarla, parlarci e constatare di persona che era sana di mente e dotata di raziocinio almeno quanto avreste dovuto esserlo voi. Avreste potuto almeno guardare in faccia il tizio che ci ha seguito, magari lo avevate già visto in passato. E, ammesso per assurdo che lei fosse una pazzoide, non vi sarebbe costato comunque nulla dirle ‘Signora stia qui vicino a noi, appena annunciano il treno per Monza la accompagniamo sul binario’. Forse tutto questo esula dalle competenze di un vigilante, ma dovrebbe far parte dell’umanità di tutti. Riconosco l’errore della signora di non aver voluto chiamare la Polizia, ma la sua remora era proprio quella di sentirsi derisa e subire il trattamento che è stato riservato a me, che con 20 anni in meno di lei, ingenuamente ancora mi illudo di trovare l’aiuto di qualcuno quando lo chiedo.

Mi rendo conto che viviamo un periodo storico in cui il sentimento della paura va per la maggiore. Soprattutto la paura degli altri. Per come abbiamo strutturato questo mondo, siamo spinti a sospettare, diffidare, temere, allontanare, escludere e ahimè i messaggi che oggi sentiamo da ogni dove non aiutano certo a modulare questo atteggiamento, che oggi è arrivato a mostrare il lato più becero della paura, l’intolleranza. Ma da che il mondo è mondo, gira sempre nello stesso verso. Delinquenti e malintenzionati ci sono sempre stati e continueranno ad esserci. Ci si deve pur difendere certo, ma se una sana diffidenza preserva e protegge, la diffidenza della diffidenza uccide tutto.

Non mi illudo di poter cambiare questo mondo. Io per prima ho reagito sulla difensiva, ma un passo si può fare… se si partisse dall’unico presupposto vero, sempre e comunque, cioè che gli altri sono persone ed esseri umani, forse si potrebbe arrivare a comprenderne i bisogni. Penso onestamente che difendere e preservare se stessi non escluda il poter ascoltare gli altri. È solo che per poterlo fare bisogna andare al di là della paura che abbiamo di loro. E costa fatica. Di certo non ho risposte, ma di sicuro quello che è successo mi ha evocato un sacco di domande su come sta girando questo mondo. Purtroppo non posso andare a vivere su Marte, qui ci devo restare. E no, quello che vedo non mi piace granché.

Per la cronaca. La signora ha preso il suo treno… sempre un po’ tremante di paura, non sapendo più come ringraziarmi per averla aiutata. Anche se non ne siamo venute a una. Certo poteva anche esserci un finale peggiore per carità, ma si è rovinata una bella giornata passata sul lago a causa di un tizio di cui non si saprà mai se aveva davvero cattive intenzioni. Io sono uscita dalla stazione sincerandomi che il pedinatore rimanesse lì dov’era e sono tornata a casa mia con due certezze. Una, di non essere stata seguita da nessuno. E l’altra, di non essere stata nemmeno ascoltata da nessuno.

Lettera Firmata