QUILECCOLIBERA “LE ISTITUZIONI LOCALI ALL’OSCURO DELL’INCHIESTA METASTASI? FALSO: ECCO PERCHÈ”

quileccolibera logoGentile direttore, chi sostiene che l’inchiesta “Metastasi” sia “passata sopra la città” abbattendosi all’improvviso come un temporale o è informato male o è in cattiva fede. È del tutto priva di fondamento la tesi secondo cui il territorio lecchese sarebbe stato totalmente ignaro a fronte di una Procura di Milano rimasta acquattata fino agli arresti del 2 aprile.

A due giorni dagli arresti (dunque il 4 aprile 2014), appena fuori dal Teatro sociale, anche il sindaco di Lecco, Virginio Brivio, ci disse, indignato, che “neanche la Guardia di Finanza, la Polizia e i Carabinieri del territorio sapevano di questa indagine”. E ancora: “Il Gip non ha mai interagito con uno locale”, intendendo un rappresentante delle istituzioni o autorità del territorio. In più di un’occasione, inoltre, ha denunciato l’assoluta inconsapevolezza del Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica, composto -tra gli altri- da Prefetto, questore, Finanza e Arma.

brivio virginio fascia sindacoDa quel momento il comodo ritornello “nessuno avrebbe mai potuto immaginare” – nonostante lo stesso Brivio avesse “rivelato” già l’11 giugno 2013 a chi scrive di una “cosa giudiziaria” in ballo su Palermo-Lido di Parè e che la Prefettura già all’epoca avesse prodotto un’informativa atipica ad hoc – ha preso piede. Così come la falsa idea che soltanto la Procura di Milano fosse depositaria delle preziose informazioni sulla presunta “squadra” (Ernesto Palermo, Saverio Lilliu, Antonello Redaelli) organizzata in modo occulto (e raffazzonato) da Mario Trovato (tesi dell’accusa) allo scopo di aggiudicarsi -grazie ai supposti favori di Marco Rusconi, ex sindaco di Valmadrera- il Lido di Parè.

La semplice lettura di alcuni preziosi allegati al fascicolo dell’inchiesta -pubblicati sul nostro sito- pone fine al ritornello.

Andiamo per ordine, tenendo un occhio al calendario. Il 5 maggio 2011 – una settimana dopo l’apertura delle “buste” per la gestione del Lido di Paré – la Compagnia di Lecco della Guardia di Finanza trasmetteva già una “annotazione di polizia giudiziaria” alla Direzione distrettuale antimafia di Milano.

Prefettura LECCOBen prima dell’informativa atipica della Prefettura (fine luglio 2011), quindi, la Compagnia della Gdf lecchese “provvedeva ad effettuare specifici accertamenti attraverso la consultazione delle banche dati in uso al Corpo […] relativamente alla menzionata società Lido di Pare S.r.l”. Esattamente quella società composta da Saverio Lilliu e Antonello Redaelli per conto della quale faceva da tramite Ernesto Palermo, ex consigliere comunale a Lecco eletto tra le fila del Pd nel marzo 2010. “Questo Reparto -prosegue l’annotazione- ritiene doveroso evidenziare le importanti novità investigative emerse”. E quali erano? Proprio il casellario giudiziale di Lilliu e le frequentazioni (anche) con Mario Trovato, cui si aggiunge la segnalazione dei due incendi degli anni 2008 e 2009, la visura camerale della società Lido di Parè Srl e il fascicolo dei precedenti di quello che Palermo chiamava “Savè” (Lilliu).

Ma non è finita. Anche il Reparto operativo del Comando provinciale dei carabinieri di Lecco era perfettamente a conoscenza di quelli che, nell’oggetto di una comunicazione inviata il 6 luglio 2011 alla Procura di Lecco, indicava come “Tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata nel territorio della Provincia di Lecco. Comune di Valmadrera (LC) – Gestione dell’area verde a lago in Località Parè”. Ecco quindi elencati i precedenti di (e non dichiarati da) Lilliu, il cambio in corsa nella compagine societaria della Lido di Paré Srl e “l’attuale e costante interessamento da parte di appartenenti alla criminalità organizzata di origine calabrese verso le aziende e le attività imprenditoriali nel territorio provinciale, al quale potrebbe anche essere collegati i passati incendi avvenuti negli anni 2008 e 2009 in danno della precedente gestione dello stabilimento balneare in trattazione”.

E che qualcosa non funzionasse (eufemisticamente) in Prefettura l’avevano ben presente anche Questura e Procura di Lecco. La prova che certi dipendenti “infedeli” di Corso Promessi Sposi, ben disposti a prestar servizio per il clan Trovato, fossero noti alle autorità locali è rappresentata da due documenti, allegati anch’essi al fascicolo dell’inchiesta. Il primo, che reca la firma della prima sezione della Squadra mobile lecchese, datato 19 dicembre 2011, è una “nota riservata” che ricostruisce il “comportamento” singolare di un “dipendente della locale Prefettura settore Ordine e sicurezza pubblica, protezione civile, antimafia”. Comportamento che, il 23 marzo 2012, sarà poi considerato dalla Procura di Lecco dal potenziale “interesse investigativo” per la DDA di Milano, “in ragione delle frequentazioni con persone legate alla nota famiglia Coco-Trovato da parte dell’indagato, dipendente della Prefettura di Lecco che avrebbe effettuato accessi abusivi al sistema SDI”.

Chi di dovere, dunque, sapeva esattamente che cosa stava accadendo a metà 2011 intorno al Lido – e non solo -, operando perciò con opportuna discrezione come fosse il braccio di un corpo con la testa a Milano. Qualcuno lo riferisca ai sostenitori dello stanco ritornello.

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