RAGNI MAI SAZI: DOPO LA TORRE DELL’ULI BIAHO, ALTRE IMPRESE SUL KARAKORUM

karakorumLECCO – Riportiamo con grande soddisazione la cronaca tratta dal sito ufficiale dei “Ragni”. Nuove imprese dunque, anche grazie ad una “finestra” eccezionale di tempo bello – di quelle che non si vedono se non ogni vent’anni, da quelle parti…
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Fino all’ultimo respiro, fino all’ultimo minuto dell’ultima ora disponibile, o meglio “Always on the run!” come ci ha detto al telefono Luchino, citando Lenny Kravitz.

Per noi una via nuova sulla Torre di Uli Biaho era già più che sufficiente, eppure Matteo, Luca, David e Silvan l’avevano detto: non erano ancora sazi e avevano tutte le intenzioni di sfruttare l’occasione più unica che rara di una “bolla” di tempo stabile di quelle che capitano una volta ogni 20 anni fra le cime del Karakorum.

Così è stato. Mercoledi scorso Luca e Silvan sono tornati al campo avanzato per aprire un’altra via sull’Uli Biaho Spire, la splendida guglia che fa da gendarme alla Torre. I due sono saliti lungo una linea difficile e strapiombante, fino a quando Luca si è infortunato, lussandosi la spalla in un camino. Hanno provato ad andare avanti ancora per qualche tiro, ma le condizioni di Luca hanno rallentato la cordata e, non avendo con sé materiale da bivacco, hanno deciso di abbandonare il tentativo, tornando al campo avanzato.

Una volta rientrati, visto che la finestra di bel tempo continuava a rimanere spalancata e che le condizioni di Luchino erano migliori di quanto sembrasse all’inizio, i due sono rpartiti immediatamente verso un altro obiettivo: la Via degli Sloveni sulla Nameless Tower nel gruppo di Trango, itinerario che corre parallelo alla celebre Eternal Flame di Gullich e compagni.

Arrivati al posto da bivacco della Sunny Terrace, i due hanno incrociato Matteo e David in discesa. Il tentativo di questi ultimi non era andato a buon fine per i motivi che vi racconteremo qualche riga più avanti. Luca e Silvan, invece, erano in perfetta forma e uno dopo l’altro hanno macinato i tiri della via degli Sloveni, scalando a vista fino al 7b e passando all’artif sulle linghezze dove le fessure intasate di ghiaccio impedivano un serio tentativo in libera. Un ultimo tiro sotto una cascata d’acqua li ha convinti a deviare sui tiri finali di Eternal Flame – che presentavano condizioni migliori di quelli dell’itinerario sloveno – per raggiungere infine la vetta.

 

Fine dei giochi? Una volta tornati al campo avanzato i due non avevano ancora le batterie in riserva e la benedetta “bolla” continuava a resistere: che fare quindi? Semplice, si parte alle 3 di notte e ci si imbarca lungo la Normale della Torre Grande di Trango, altre 5 ore di scalata, con tratti su ghiaccio ripido fino a 80°, giusto quello che mancava per completare questa maratona di sette giorni praticamente ininterrotti di arrampicata, tutti abbondantemente al di sopra dei cinque mila metri di quota. Serafico commento finale di Luca: “Ora siamo un po’ devasatati…”.

Ora passiamo al capitolo secondo, quello scritto da Matteo e David. Il loro tentativo in stile alpino su Eternal Flame (lo stesso obiettivo che si era posto nel 2012 un certo David Lama…) comincia venerdì scorso. I due salgono bene fino alla Sunny Terrce, durante il bivacco, però, una bottiglia d’acqua esplode nel sacco a pelo di Matteo, con conseguente notte gelata e risveglio con febbre. Il giorno successivo il duo riprende il tentativo, ma deve gettare la spugna dopo 5 tiri e fare ritornano alla Sunny Terrace per un secondo bivacco. Un ultimo tentativo sulla via Slovena vede ancora Matteo troppo acciaccato per continuare, così si decidono per il rientro, proprio nel giorno in cui incrociano Luca e Silvan in salita.

Una volta al campo avanzato Matteo si rimette velocemente e decide che la sua stagone in Karakorum non è ancora terminata: parte per un tentativo sulla Via degli Americani alla Torre Grande di Trango, lo stesso itinerario salito in prima solitarià diversi anni fa da Maurizo Giordani. Matteo sale tutta la via in free solo (la relazione – che, detto per inciso, Matteo non aveva a disposizione – parla di v°e A1) e arriva fino ai pedndii di neve che precedono la vetta. Qui però il caldo dei tanti giorni di bel tempo ha reso la neve troppo instabile e pericolosa e il tentativo si deve fermare prima di arrivare alla cima. Matteo ha imiegato 7 ore per salire, ma ne avrà bisogno altre 11 per il rientro, proprio a causa della precarietà dei tratti di neve e misto.

{La cronaca potrebbe finire qui, ma il rientro del gruppo è previsto solo per domenica prossima e, come dice Luchino: “Bon, ci restano ancora un paio di giorni per risolvere l’ultimo boulder difficile che abbiamo scovato nei pressi del campo base!”.

 

da www.ragnilecco.com