RUBRICA: PSICOLOGIA & DINTORNI. 9/PARLIAMO DI MATEMATICA E DSA

LECCO – Nel primo articolo di questa rubrica abbiamo parlato dei DSA, ovvero i disturbi specifici dell’apprendimento. In questo articolo se ne parlerà in una maniera particolare, ovvero dal punto di vista del loro rapporto con la matematica. I DSA, in quanto tali, hanno la scuola come contesto elettivo di analisi e di monitoraggio. Risulta quindi inevitabile parlarne in relazione alla didattica e, nello specifico, in relazione all’insegnamento della matematica.

MATEMATICA LAVAGNASecondo Agnese Del Zozzo il fallimento elettivo in matematica, ovvero la difficoltà selettiva in questa materia di studio, non dipende dalla matematica in sé, bensì dal modo in cui viene insegnata. Non si tratta, infatti, di un ambito di studio più difficile degli altri; la differenza sta negli oggetti che la matematica tratta, che sono del tutto particolari. Si tratta infatti di oggetti astratti (ad esempio rapporti e trasformazioni di grandezze), il che porta alla necessità di insegnarli in determinati modi e, soprattutto, di rappresentarli. Si parla di rappresentazione semiotica degli oggetti matematici: essa è di varia natura e dipende dal contesto. La matematica si può quindi intendere come un continuo spostamento da una rappresentazione all’altra, il che, però, porta al rischio di confondere un oggetto con una sua rappresentazione. Secondo Bruno D’Amore, dunque, bisogna sempre tenere bene a mente che l’oggetto è una cosa e la pratica linguistica della sua rappresentazione è un’altra. Costruire cognitivamente (comprendere) un oggetto matematico significa allora apprendere dei segni che stanno per dei concetti. Lo studente manipola segni, ovvero rappresentazioni di concetti.

La situazione appena descritta porta ad errori e a misconcezioni. Queste ultime sono interpretazioni errate delle informazioni ricevute, immagini errate che impediscono la comprensione del concetto matematico. Alcune di esse sono inevitabili; altre sono evitabili, e dipendono direttamente dalla trasposizione didattica del sapere.

Seguendo l’autrice Martha Isabel Fandino Pinilla, l’apprendimento della matematica è, a causa della sua specificità e complessità, di tipo multicomponenziale. Esso comprende almeno cinque tipologie di apprendimenti distinti, anche se non del tutto privi di sovrapposizioni e intrecci, riconducibili a diversi ambiti cognitivi. Questa partizione non va presa dogmaticamente, dato che queste componenti si intrecciano e si rafforzano reciprocamente; tuttavia essa offre un’indubbia comodità di analisi e di lettura interpretativa degli errori, cioè di quelle manifestazioni di malessere cognitivo alle quali sarebbe bene porre rimedio in modo efficace. Quello che è certo, è che ognuno di questi apprendimenti ha bisogno di specifici modelli di valutazione e richiede specifiche pratiche di rinforzo e recupero nei casi di difficoltà. Appoggiare su queste categorie l’azione didattica può aiutare l’insegnante a organizzare meglio il proprio lavoro, coordinando l’insegnamento con gli obiettivi di apprendimento. Questo, come vedremo, vale a maggior ragione nel caso degli studenti con DSA. Le tipologie evidenziate da Fandino Pinilla sono:

  1. Apprendimento concettuale;
  2. Apprendimento algoritmico (calcolare, operare…);
  3. Apprendimento strategico (risolvere, congetturare…);
  4. Apprendimento comunicativo (dire, argomentare, dimostrare…);
  5. Apprendimento semiotico (gestione delle trasformazioni del senso, trattamento e conversione).

Questo modello ci viene in aiuto, per prima cosa, quando ci troviamo di fronte a simboli simili che sono portatori di significati diversi (ad es. 34, 43, 4ᶟ…). Situazioni del genere portano confusione e fatica, andrebbero quindi il più possibile evitate. Tali scelte simboliche ambigue diventano un vero e proprio dramma quando devono essere maneggiate da un alunno con un disturbo specifico dell’apprendimento: talvolta per lui questi simboli simili possono essere esattamente uguali tra loro! Questo perché, in generale, egli ha come punti di forza uno stile cognitivo globale, creativo e imperniato sul canale visivo non verbale; il rovescio della medaglia, però, è che egli avrà difficoltà per quanto riguarda il canale visivo verbale, l’automatizzazione, i compiti di memoria a breve termine, il mantenimento dell’attenzione, la sequenzialità e il recupero delle etichette verbali.

Nell’apprendimento algoritmico queste caratteristiche sfociano in problemi di memorizzazione e sequenzialità, ovvero nell’ambito dei procedimenti, ad esempio nella risoluzione di operazioni. Nell’apprendimento comunicativo si avranno, poi, problemi nel lessico specifico e nell’uso delle etichette verbali, ovvero nel dare un nome agli oggetti matematici utilizzati. Nell’apprendimento semiotico accadranno problemi nella gestione dei registri di lettoscrittura e simbolici (senza un adeguato controllo concettuale), così come nell’associazione simbolo-significato. Per evitare situazioni del genere, quindi, gli insegnanti di matematica dovrebbero sforzarsi il più possibile di evitare di dare per scontato il significato dei simboli che utilizzano nella loro trattazione, in modo da facilitare lo sforzo mnemonico degli alunni con DSA. Gli errori di questi ragazzi, infatti, sono spesso relativi solo alla “punta dell’iceberg”, ovvero alla rappresentazione dell’oggetto matematico. Un errore a livello linguistico e rappresentazionale non sta per forza a significare che il concetto non sia stato capito!

Le ricadute emotivo-relazionali dei fallimenti scolastici nell’ambito dei DSA sono note, in quanto relative alla disputa tra autopercezione e capacità. È quindi davvero importante che l’insegnante, cosciente di queste specificità, riconosca sempre abilità e punti di forza del ragazzo con cui lavora, valorizzandone i successi e tenendo conto dei progressi delle sue conoscenze. Una buona prova di matematica dovrà, allora, andare a sondare i concetti matematici spiegati, non le capacità linguistico-rappresentative dei ragazzi.

Fondamentali saranno anche gli strumenti compensativi (es. formulari, tabelle, calcolatrice…), utili a bypassare quegli aspetti del compito che rendono complicato il raggiungimento dell’obiettivo. Essi sono necessari, oltre che funzionali. Vanno costruiti ed utilizzati con la collaborazione degli insegnanti, in un rapporto dialettico all’insegna della comunicazione e del confronto, in modo che il lavoro dello psicologo che segue il ragazzo con DSA sia corroborato da quello dell’insegnante, e viceversa. Lo strumento compensativo utilizzato nella matematica deve essere adeguato all’età, al compito, alle capacità e alle carenze della persona che lo utilizzerà. Anche gli esempi citati, sia durante la lezione, sia nello strumento compensativo, sono un nodo importante: non dovranno essere troppo particolari, ma dovranno essere abbastanza generalizzabili, ovvero con un buon potenziale d’uso.

Alberto Zicchiero, psicologo
Iscrizione Opl n. 17337

 

> Leggi gli articoli precedenti nella rubrica Psicologia & Dintorni