STUDIO PER UN NUOVO ALBUM:
PAOLINI AL TEATRO DELLA SOCIETÀ

downloadLECCO – Negli anni Marco Paolini ha conquistato vaste platee, imponendo sulla scena il ritorno a un teatro di narrazione, una sorta di “epica” del racconto, che muove dal desiderio di tramettere un’esperienza, testimoniare l’urgenza di una storia (Marco Polo, Galileo, Jack London) o anche della Storia (Vajont, Ustica, la guerra). E infine c’è anche lo sguardo “in soggettiva” degli Album (1987-2003), dove l’alter ego Nicola è pretesto per un ritratto dell’Italia anni Sessanta-Ottanta.

Sabato primo aprile Paolini ha presentato a Lecco “Numero Primo. Studio per un nuovo album”, capitolo iniziale di una nuova trilogia narrativa. «Fra pochi giorni – ricorda l’autore – sarà attivo il sito albumdinumeroprimo.it e il suo pubblico potrà inviare domande o suggerimenti, in una sorta di piazza virtuale per continuare il dialogo con gli spettatori e “costruire” con loro lo spettacolo, che è un work in progress”.

Eccolo in scena, maniche corte e scarpe da ginnastica; a lato, un tavolo e due tecnici. Paolini è chino sulla sua Moleskine e comincia la “magia”: sullo schermo vediamo la sua mano che scrive e nello stesso tempo la striscia di scrittura appare in sovrimpressione, ingrandita e duplicata. Grazie a questo specchio tecnologico Paolini ci introduce al tema e ci avvisa: «Quello di stasera al Teatro della Società è uno studio. Se fossimo in un laboratorio sarebbe un esperimento… E voi siete le cavie. Non cavie mute e inconsapevoli, però. A fine serata se qualcuno vuole e osa, si può porre qualche domanda e sperare che l’artista sappia rispondere».

Con la sua nota abilità dissimulatrice (recita oppure è se stesso?) e la capacità di entrare in diversi personaggi, Paolini ci introduce a una vicenda surreale e sofisticata, che alterna narrazione (accompagnata dai bei disegni di Roberto Abbiati) a momenti di dialogo con il pubblico, per ragionare insieme sul presente, sul “dove stiamo andando?” e sulle ragioni della propria costruzione immaginativa.

Protagonista è Ettore Achille (il padre, operaio triestino innamorato dei classici, ha deciso di mantenere la parità fra Achei e Troiani), fotografo di guerra freelance che vive alle porte di Venezia, in un quartiere multietnico di Porto Marghera. «Sono diventato padre di un figlio non mio», confessa. Ha accettato infatti di allevare il figlio di Echné, che ha conosciuto solo per voce in Internet, perché lei sta morendo. Luogo della consegna: Gardaland; adozione attraverso firma digitale presso un notaio h24. Per l’anagrafe il piccolo di sei anni è Nicola (come il protagonista degli Album precedenti), ma si fa chiamare “Numero Primo”.

Paolini, sensibile al tema forse anche perché è diventato padre da due anni, sfrutta il tema del doppio sguardo per introdurci al mondo del futuro che ha immaginato. Il padre, affezionato alle cose “vecchie” (giradischi, videocassette, rullini fotografici) rappresenta il nostro orizzonte, quello di chi è stato travolto dalla rivoluzione digitale e cerca di ritagliarsi spazi di “liberazione”; per il bambino tutto è nuovo e bello, e obbliga l’adulto a interrogarsi sul mondo e a spiegarne i perché. In questo futuro l’agricoltura è 2.0, nei capannoni si stampa ogni cosa in 3D ed è possibile acquistare su Amazon anche una capra!

La fantasia di Paolini (coautore insieme a Gianfranco Bettin) germoglia nei buchi neri creati dal fallimento della rivoluzione industriale: fra le carcasse e l’inquinamento delle ex-fabbriche ora sorge una fabbrica della neve (perché il clima è impazzito). Il polo petrolchimico ora è diventato Polo Nord artificiale: produzione e stoccaggio di ghiaccio, trasformazione dell’acqua in eccesso che ogni tanto il Mose (finalmente inaugurato e funzionante) non riesce a drenare, possibilità di sciare in Laguna, con tanto di gondolieri vestiti da orsi, processione di iceberg e gadget vari.

Il primo nucleo della riflessione è intorno al binomio artificiale-naturale. L’uomo sta cercando di sostituirsi alla natura, ma fino a che punto si spingerà? Paolini Immagina perfino una Piave Valley capace di produrre insetti impollinatori, che possono sostituire le api estinte. Poi, la tecnologia: «per me tecnologia è tutto quello che è nato dopo di me, che devo imparare (e ci metto tanto tempo), perché mi dicono che poi risparmierò tempo». Ironica e divertente la parentesi sui frigoriferi (“frighi”) intelligenti, che hanno rischiato di far scoppiare una “guerra fredda” durante la sfida elettorale Clinton-Trump. O l’esilarante episodio di Numero Primo alla scuola elementare triestina “Steve Jobs” (già “Giosué Carducci”): attraverso webcam e l’app “vivi la scuola” i genitori possono partecipare a ogni attimo della vita scolastica dei figli e scoppia il panico quando si sospetta un’invasione di pidocchi! E infine la genetica: la mappatura del genoma ci ha permesso di manipolare e creare nuove specie e probabilmente fra poco sarà possibile generare esseri umani completi, perché «la nostra barriera etica è leggera».

Il bambino ha doti particolari, non dorme mai, cresce in fretta, assorbe tutte le parole nuove, è rimasto indenne da un attacco di vespe e attira l’attenzione di loschi figuri che tentano di rapirlo perché sospettano sia un bimbo-cyborg o un bambino-3D. Un’atmosfera alla “Blade Runner”, che ricorda però anche “E.T.”: l’alieno va arrestato e analizzato, mutilato per il progresso della scienza e il bene della comunità. I toni si fanno cupi e si sfiora il dramma quando Ettore scopre che è stato pedina involontaria di un esperimento.

C’è molta carne al fuoco in questo “esperimento” di Paolini e forse alcune parti potrebbero essere tagliate, altre alleggerite. Se gli Album segnavano una sorta di “antropologia del passato prossimo” venata di tenerezza e malinconia, ora lo sguardo di Paolini è rivolto ai risvolti preoccupanti del futuro. Il nucleo di partenza è lo stesso, cioè ragionare sul “chi siamo?”, ma la prospettiva viene capovolta. Le risate ci sono, scatenate dalle iperboli e dalle situazioni surreali, ma è un riso amaro, e la riflessione è lucidissima e tagliente, perché rivolta all’oggi. Si preannuncia una trilogia di spessore. E il pubblico lecchese risponde con interesse e lunghi applausi.

Gilda Tentorio