DON G. MILANI, MEDITAZIONE
NELLA QUARTA DOMENICA
DOPO LA DECOLLAZIONE
DI SAN GIOVANNI

Il ritaglio di narrazione propostoci, presenta subito all’inizio il mormorare dei Giudei (i pretesi custodi della tradizione, avversari di Gesù) contro la sua dichiarazione: “Io sono il pane disceso dal cielo”. La contestazione è sull’evidenza che il Signore Gesù sia “il figlio di Giuseppe”, a loro ben noto, “come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo?”. Per vero, l’allusione è forte, infatti: Io sono è il nome di Dio, pure l’ostilità è pregiudiziale: ha compiuto moltiplicazione di pani eppure ancora gli chiedono un segno, per di più richiamando la manna, cui Gesù replica essere lui il pane dal cielo.

Gesù esorta a non mormorare, ma quelli sono convinti di conoscere tutto di Gesù e ne traggono ripulsa e scandalo, il Signore dichiara che non sia sufficiente lo sguardo umano, quello che loro portano viziato di pregiudizio; per conoscere lui, occorre qualcosa di più, il dono di Dio, esserne attirati; i suoi avversari evidentemente non lo sono. Mette conto fare anche noi buona riflessione. Non è che conoscendo la storia di Gesù lo intendiamo veramente; né leggere il vangelo come relazione e documento umano ci fa subito entrare nel mistero di Gesù pane di vita; solo con il dono e l’impegno della fede possiamo sfiorarne il mistero.

Se per me l’eucaristia è solamente un riferimento simbolico, rimango lontano dal Signore, sono cioè distante dal dono della vita per la salvezza del mondo. Certo nel pane eucaristico, sin dall’antico si leggeva simbolo: di unità nel grano macinato e fatto pane, nel cibo che sostiene la vita ecc. ma vi è ben di più, vi è una presenza che solo nella fede
riesco ad accostare: la presenza viva del Signore che se tutto richiama, poi ben lo supera. Secondo la parola di Gesù, chi ha questa adesione – dono e impegno di fede – acquisita nell’ascolto del Padre che lo ha inviato, avrà la vita eterna: sarà lui, Gesù, a risuscitarlo nell’ultimo giorno. Il Signore riprende la provocazione dei suoi increduli avversari nel richiamo alla manna e fa osservare come chi si è cibato di quella sia morto (di tutto il popolo solo Giosuè e Caleb sono entrati nella Terra promessa) dunque, pur dono del cielo, quello era cibo ancora terreno. Solo Gesù è “pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia”, è “la sua carne per la vita del mondo”.

La sua carne, la sua umanità è donata interamente, sino ad essere immolata sulla croce per la vita, per la creazione nuova. L’umanità del Signore Gesù, se vista semplicemente nella storia, sfugge alla comprensione; appare – e non è – del figlio del falegname di Nazareth. La sua umanità è per essere immolata e consumata per gli uomini, per noi, perché si faccia pane di vita sulla croce e dalla croce alla gloriosa resurrezione. Allora la carne, l’umanità diventa mistero e dono di vita, della vita nuova della grazia.

 

Don Giovanni Milani