Nell’antica tradizione che la nostra Chiesa ambrosiana conserva, questa domenica inizia la “quaresima di san Martino”, l’Avvento: ci porterà al Natale con i temi escatologici delle “cose ultime”, suggerimento al nostro atteggiamento interiore per l’incarnazione di Gesù ed anche oltre a pensare l’incontro definitivo con lui, senso della vita nostra e di quella della Chiesa, dell’umanità tutta.
La composizione di luogo: Luca ci presenta Gesù nel tempio, dove ha osservato i comportamenti degli astanti e la fede della vedova; poi – avvertendo l’orgoglio per la magnificenza del loro tempio (“le belle pietre e i doni votivi”) –, dice del loro effimero e, nella meravigliata ansia di chi gli sta attorno, prolunga il suo insegnamento a sostenere la fede dei discepoli e della Chiesa, dopo che li lascerà.
Benché Luca, in qualche modo, provi a distinguere il tempo prossimo della Chiesa da quello imminente all’incontro definitivo; inevitabilmente, il discorso ha continue eco d’apocalissi prese da Isaia e ancor più da Daniele. Con queste allusioni e parole Gesù vuole richiamare come la persecuzione appartenga alla Chiesa. Quanto lo vediamo anche nel nostro tempo! Per noi è spesso solo velo e logorio di critica, per altri, invece, è ancora testimonianza di sangue.
Soprattutto il Signore intende infonderci fiducia: deve alimentare la nostra fede a leggere e reggere il peso della vita, senza trascurare l’impegno terreno, in tensione verso il definitivo che sarà luce, pienezza d’umanità gioiosa e d’incontro. Le descrizioni sono spesso stereotipate sulla letteratura apocalittica: ne possiamo ritrovare temi antichi quali l’infedeltà di Gerusalemme ai profeti che subirà “i giorni della vendetta perché tutto ciò che è scritto si compia”, il nostro interesse però è meglio si volga ad insegnamento più pertinente a noi. Anzitutto – ed è senso di tutto quanto l’Avvento – l’atteggiamento fondamentale del fedele è l’attesa, meglio la vigilanza nell’attesa del Signore, da distinguere bene da un atteggiarsi ansioso. La vita cristiana è ben attiva ed impegnata, tanto verso le presenze significative del Signore stesso qui in terra: i poveri e ancora in tanti temi, di giustizia ad esempio, da annunciare e portare al mondo.
La vigilanza – la troviamo allusa e richiamata in molti modi – è la grande meditazione dell’Avvento, per l’incontro, prima con l’umanità di Gesù bambino, poi in quello definitivo col Signore che gratificherà di ogni fatica a far trionfare il bene, in noi e negli altri, con il suo abbraccio che in questa pagina ci è presentato nel modo glorioso di quella letteratura, ma sarà davvero la realizzazione definitiva di tutto quanto nel cristiano è ispirato da lui che ci farà “alzare il capo” in una pienezza e gioia senza fine.
Don Giovanni Milani