DON GIOVANNI MILANI,
MEDITAZIONE NELLA DOMENICA
DELLA SS. TRINITÀ

Dopo la solennità della Pentecoste, la liturgia ci porta a riflettere sulle solennità tematiche della SS. Trinità e del Corpus Domini (ricordiamo che, per la liturgia, il far festa non è tanto espandere senso gioioso, quanto l’immergersi nel dono d’annuncio e di grazia) così in questa prima domenica facciamo festa e riflessione sul mistero della Trinità santissima: l’unità e Trinità di Dio, come si esprime il catechismo. La realtà in sé è tanto più grande di noi da non essere capaci abbracciarla, pure il Signore Gesù ce ne ha fatto annuncio affidando allo Spirito di introdurci, non certamente ad una verità speculativa, eppure profondamente nella sua verità, “a tutta la verità”. Credo che questo significhi – piuttosto che una conoscenza come d’averne notizia – ad avere profonda comunione di vita e di grazia tali che lo Spirito santo ci faccia partecipi dell’insegnamento divino, comunicato dalla parola del Signore Gesù e dono del Padre, nella esperienza concreta del nostro vivere; dunque, nella nostra umanità, un esperire, in qualche modo, il divino. Lo Spirito è il maestro interiore che ci dona modo “di portare il peso” di quanto la nostra umanità per sé sola non sa né intendere, né ancor più, praticare; infatti lo Spirito santo ci è dato non per comunicare realtà diverse e nuove rispetto a quanto l’insegnamento di Gesù e la sua morte e resurrezione ci ha donato, ma a fare ‘nuove tutte le cose’ nella pratica dell’amore che dalla Pasqua è discesa alla Chiesa, a noi. È nello Spirito – presenza viva di Dio a noi – che si attua la novità della redenzione: l’eterno disegno divino, attuato dal Signore Gesù in obbedienza al Padre e che discende nel tempo, alla realtà nostra, nella creazione nuova.

Nel breve brano, anch’esso tratto dai discorsi d’addio, tanto densi e caldi di Gesù ai discepoli, si parla dello Spirito guida “a tutta la verità, perché non parlerà da sé stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito”. Il tesoro di sapienza e vita dello Spirito santo è condiviso con Gesù (“Egli mi glorificherà perché prenderà del mio e ve l’annuncerà”). Ma ancora Gesù si affretta a dire ai suoi discepoli che quel patrimonio comunicato dallo Spirito è comune a lui e al Padre (“Tutto quello che il Padre possiede è mio”). Le espressioni del vangelo di Giovanni sono lente e frammentarie, forse come era costretto il Signore stesso a parlare ai suoi discepoli per introdurre realtà troppo grandi per la loro (e per la nostra) mentalità, pure riusciamo ad intravedere e leggere questa comunione di esperienza divina che ci è donata, oltre l’umana capacità di comprendere, come una effusione che non sappiamo intendere che dono d’amore, dono di sé di Dio nella sua passione per l’uomo.

 

Don Giovanni Milani