NELLA DECIMA DOMENICA
DOPO LA PENTECOSTE
MEDITAZIONE DI DON G. MILANI

Il nostro brano trascura l’episodio dell’incontro col ricco triste per non saper abbandonare i propri agi e seguire Gesù, ci lascia solo la riflessione sulla difficoltà per chi possieda ricchezze ad entrare nel regno. Il Signore qui vuole usare un linguaggio di paradosso: il cammello e la cruna d’ago; anche se ci si è tanto sforzati ad edulcorare l’espressione (si è cercato di cambiare cammelli con gomene e crune con porte anguste della città Santa) non si è riusciti ad accomodare al semplice da svuotare l’immagine. Gesù sceglie d’esprimersi in modo severo, non possiamo che accogliere in saggia pensosità le sue parole. È certamente paradossale l’immagine (pur se è vero che già nelle prime comunità cristiane si è tentato intenderla alla lettera) ma noi vogliamo cercarvi l’insegnamento vero di Gesù.

In antico le ricchezze sono sempre state lette in benedizione di Dio; a quel pensiero è certamente improntato quel meravigliato e smarrito: “E chi può essere salvato?”. Se, anche per i benedetti dal Signore con la dovizia dei beni, è più difficile salvarsi dell’impossibile passar per l’ago del cammello, che sarà di tutti noi altri? E Gesù risponde: “Ogni salvezza è grazia del Signore, proprio perché è impossibile all’uomo!” Il povero Pietro si fa voce collettiva: non è certo un ricco, pure si sente interpellato con gli altri discepoli, lui che il Signore – contrariamente al ricco – l’ha seguito davvero. A me pare che Gesù risponda che ogni sequela sia grazia, pure lo stesso Signore l’accoglie come dono e la vuol ricambiare a mille doppi già qui – nel presente, terreno – ma poi ancora con la vita piena nell’“eone che viene”. Anche questa promessa relativa al lasciare persone e cose, Gesù l’esprime con grande forza, l’esprime con quell’ Ἀμὴν λέγω ὑμῖν (in verità – ma l’espressione ebraica, nemmeno l’evangelista la traduce a lasciarle forza profetica – vi dico) e ci ritroviamo una seconda volta col linguaggio forte, volutamente incisivo, di Gesù.

Il Signore mette tanta forza nel suo esprimersi e noi non l’intenderemmo bene semplicemente archiviandolo in artificio retorico e così rischiando di passar via scorrendo. È saggio pensare come la rassicurazione a Pietro non sia così facilmente da applicare a tutti noi, credo non possa bastare a metterci il cuore in pace il sentirci fuori dalla categoria dei ricchi, Gesù ha rassicurato ricambiare – pare da leggere così – oltre che di cose, con intensità di rapporti umani quanto si sia lasciato per lui: ma che cosa abbiamo lasciato noi per lui? Gesù non credo voglia condannare la ricchezza (il nostro linguaggio li dice: i beni, e restano tali) ma qualcosa di non materiale, dell’intimo umano, che tocca non solo chi abbia strabocchevoli dovizie; intenda invece insegnare che ciascun possesso debba esser regolato da saggezza nella sua sequela.

 

Don Giovanni Milani