QUINTA DOMENICA DI PASQUA:
MEDITAZIONE DI DON G. MILANI

In questa domenica ci sono proposti solo pochi versetti; il primo è addirittura tagliato sì che manca notizia che Giuda sia uscito dal cenacolo: sono solo le parole di Gesù ad iniziarli e proprio con quell’espressione, “ora”; è parola e immagine che domina tutta la seconda parte del vangelo di Giovanni, tal che, appunto, sia chiamata il libro dell’“ora”. Con l’allontanarsi di Giuda è iniziato il tradimento, Gesù ne legge ormai conseguenza ed epilogo in questi discorsi d’addio e, segnatamente in questi pochi versetti, se ne condensa tutta la tensione e il senso. L’ora, ben lo sappiamo, è quella della croce, qui già letta come attuata, consumata, eppure il Signore Gesù parla di gloria, di glorificazione. Non ci è mai facile sentire questo strumento di sofferenza e morte inflitto al giusto, che ha amato e ha dato liberamente la propria vita per gli altri, come glorioso; ma il Padre lo farà di gloria con la resurrezione, così Gesù già presenta ai discepoli non un fallimento di sconfitta e morte, ma celebrazione della gloria di Dio: croce e resurrezione sono come un solo evento che determina la gloriosa vittoria sulla morte, sul peccato e la salvezza (dunque la vittoria e la gloria) offerta ad ogni uomo.

Gesù legge ogni evento come già realizzato così “il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui”, aggiunge – e qui la lettura unitaria di croce e resurrezione –: “anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito”. Poi si dirige ai discepoli con accenti di commossa tenerezza (τεκνία: figliolini, li chiama) per la sua ultima comunicazione: “Vi dò un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri”. Può meravigliare quel “nuovo”, quando in ogni insegnamento del Signore si può ravvisare continuo invito a benevolenza e amore; ha senso di definitivo ed ultimo “comandamento”, cioè riassunto dell’insegnamento, ed è l’amore reciproco come il suo, di Gesù.

L’amore scambiato tra i discepoli, che Gesù ha da poco espresso col segno umile, ma concreto e con evidenza sottolineato del lavare i piedi, quell’amore concreto e reciproco tra discepoli dev’essere: “Come io ho amato voi” cioè l’amore stesso che viene da Dio, l’esperienza d’amore originaria del Signore Gesù comunicata ai fratelli e da loro espressa nel mondo. Sarà proprio questo amore scambiato e scambievole, che supera divisione e comunica l’amore universale e sacrificato del Signore Gesù che li renderà riconoscibili come discepoli.

 

Don Giovanni Milani