RELIGIONE/LA MEDITAZIONE
DELL’EPIFANIA
DI DON GIOVANNI MILANI

Epifania, lo sappiamo bene, vale: svelarsi, manifestazione, ed è del Signore. La tradizione liturgica del giorno pone in evidenza i Magi: è a loro che si rende palese il Signore; ma il senso evidentemente simbolico (già l’inno interpreta: portantes typum gentium) questi sapienti venuti d’oriente diventano segno di un manifestarsi rivolto a tutti: ad ogni uomo, molto oltre il solo popolo in cui pure è radicato il piccolo Gesù.

Questi Magi, così misteriosi eppure amati dalle varie tradizioni che li hanno cari: siano i dodici di quella siriaca, o dieci, oppure sei o, finalmente, i nostri: tre, numerati non dal testo evangelico, ma dai doni simbolici e dall’interpretazione fantasiosa di molti, ci si presentano nella suggestione del rappresentare emblematico che ci sollecita.

Non c’è cura in Matteo a descriverci i personaggi, ma ad indicarci la loro singolare ricerca tanto penetrante il mistero. Proprio loro, sapienti, ma evidentemente lontani dalla Legge, si recano proprio a Gerusalemme dove – lo leggevamo due giorni fa (Sir 24) – abita la sapienza, “ha potere” non certo però la trovano nel re, il sanguinario Erode.

Cercano il re da poco nato che si svela Messia (o meglio “un capo, che sarà pastore del (mio) popolo, Israele”) lo scoprono nel luogo indicato dai vani studiosi di Gerusalemme: loro hanno le Scritture, non il cuore per la ricerca; il re solo il bieco interesse di farsi sicuro il trono anche a prezzo di sangue innocente.

I Magi se ne vanno ora guidati dalle svelate Scritture e ancor più dalla stella del re, riapparsa, come in oriente, a colmarli di gioia e menali a giusta meta.

Nella casa “videro il Bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra”. Parole tutte che ci fanno riflettere: la prostrazione, a noi richiama più l’adorazione che l’ossequio regale, poi i doni, ci svelano intuizione profondissima di regalità (della discendenza di Davide) nell’oro, di dignità – l’incenso a segnarlo – addirittura divina (come annunciato alla Vergine) e della fragilità mortale che dice la mirra.

Maria pare sola, manca al racconto lo sposo di cui tanto al capo precedente. È l’attenzione del primo vangelo a Maria: non ci è raccontata la nascita, ma il valore di quella nel mostrarci il suo nato che è re e Signore, pur uomo mortale, come ci hanno indicato i simbolici doni.

Ai Magi poi il disegno divino si rivela con l’antica divinazione onirica a far loro mutare via che s’allontani dalla Gerusalemme, qui perduta dal potere malvagio e sanguinario d’Erode, non certo quella del salmo 87 ambita da ogni popolo e ancora vaticinata dai profeti segno finale di universale salvezza.

Davvero interessante la figura di questi venuti d’oriente come ogni luce di sole! Ci rechino tutto il loro desiderio d’umana ricerca a trovare il Signore; il desiderio profondo possa poi, come la loro ricerca, incontrare anche il dono della Scrittura. I “capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo” avevano la Parola, mancava loro anelito vero ad incontrarlo il Re, Messia e Signore; in noi possa congiungersi la paziente, fiduciosa umanità dei Magi con la sapienza della Parola, siano entrambe propizie a guadagnare l’incontro che possa dar senso alla vita.

Is 60,1-6 Alzati, viene la tua luce; verranno da Saba portando oro e incenso. Tt 2,11-3,2 È apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini. Mt 2,1-12 La venuta dei Magi da oriente con oro, incenso e mirra.

Don Giovanni Milani

 

 

 

 

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