RELIGIONI: LA MEDITAZIONE
DI DON GIOVANNI MILANI.
LA FESTA DELLA SACRA FAMIGLIA

Leggiamo questo brano del vangelo di Luca nella festa della famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe; ne vorremmo trarre luce di pace serena per le nostre famiglie, ma qui non troviamo esortazione d’idillio, piuttosto la fatica che caratterizza ogni cammino umano: la consolazione è considerare le difficoltà anche di quella famiglia certamente esemplare e trarne riflessione.

Leggiamo da Luca che – sappiamo bene – nel suo modo di annuncio della salvezza nel salvatore risorto, ci presenta Gesù teso nel viaggio verso Gerusalemme dove si compirà il suo sacrificio e il suo trionfo di resurrezione sulla morte.

Se un poco tutti i vangeli sono prodromici alla passione, morte per la resurrezione (il grande annuncio, evangelo, di salvezza) qui troviamo un anticipo al disegno generale. Gesù assaggia qualcosa di quel grande viaggio, i vangeli dell’infanzia, che qui si concludono, già ci dicono della missione del Signore Gesù.

La storicità e l’umanità di quel pellegrinaggio pio, la troviamo nei ritmi e riti del tempo e della fede ebraica: il modo di viaggiare a gruppi di affinità: donne, ragazzi, uomini; il fermarsi nella grande sosta della sera per il pasto giornaliero prima le riposo. Ancora poi il desiderio del fanciullo Gesù di seguire le proprie ispirazioni, quelle di un ragazzetto prossimo ad assumersi le responsabilità religiose del bar mitzvah.

Ma la lettura più profonda ci porta innanzitutto a questo desiderio di Gesù di “occuparsi delle cose del Padre suo” che propriamente il testo dice: “dover essere dentro” (ἐν τοῖς τοῦ πατρός μου δεῖ εἶναί με). L’espressione è forte e intuiamo lo sgomento, accolto nella ripetuta custodia riflessiva di Maria (chissà poi quanto in Giuseppe). Fa riflettere parecchio adesso noi, questa coscienza di Gesù che può essere compresa solo alla luce di tutto quanto si svolgerà nel viaggio verso quella meta della volontà del Padre della narrazione evangelica di Luca. Il pellegrinaggio a Gerusalemme è il simbolico e anticipo della tensione di tutta la vita (non solo) pubblica di Gesù, sino alla croce e ai tre giorni del sepolcro per la risurrezione.

È anche tanto interessante osservare questo ragazzo, che rimane nel tempio (casa del Padre) e si prepara a quella missione che è anche di comunicazione, di predicazione: “ascoltava e interrogava” i gran dottori là riuniti. Non è qui saggio leggere in eccezionalità quasi miracolosa lo “stupore per la sua intelligenza e le sue risposte” é certo più saggio cogliere l’atteggiamento umile dell’ascoltare e domandare: è un ragazzo che sta movendo i primi passi verso la meta della propria vocazione, missione, qui così fortemente anticipata in simbolo.

Maria non capisce, ma intuisce bene il mistero: lo tiene dentro, gli permette maturare; di Giuseppe non è detto, questo uomo d’eccezionale intensità di fede non sappiamo che cosa abbia in cuore, ne intuiamo la profonda umiltà a cedere passo al Padre.

E il mistero di Gesù a dover essere nelle cose del Padre continuerà nel villaggio sconosciuto di Nazaret in un nascosto, ma continuo crescere “in sapienza” quella alimentata nella paziente domanda ai saggi e rielaborata in cuore, “in età” (o statura) è il cammino umano e “grazia”, non certo la grazia di Dio nel senso in cui usiamo noi l’espressione. Notiamo “davanti a Dio e agli uomini”, se c’è umana simpatia attorno a Gesù, c’è anche il compiacimento del Padre: Gesù, in quel nascondimento, già sta attuandone la volontà, sta preparando in un comune – ordinario a molti – ritiro, il cammino d’obbedienza e mistero.

Può sconcertarci molto di questo racconto: ha bisogno di riflessione assai ripetuta: prendiamone esempio da Maria per scoprire, nella grazia del Signore, il significato per noi.

Don Giovanni Milani