RELIGIONE, LA MEDITAZIONE
DI DON GIOVANNI MILANI:
SESTA DOMENICA DI PASQUA

C’è un tema evidente in tutta la Scrittura che ci è offerta nella liturgia di questa domenica: quello della testimonianza. Nella prima lettura, Paolo rende la sua testimonianza ad Erode Antipa e nella seconda la sua comunicazione è tutta testimoniale di quanto ha ricevuto riguardo alla risurrezione del Signore. Anche nel tratto del Vangelo di Giovanni si parla della testimonianza addirittura dello Spirito inviato da Gesù.

Questa lettura del vangelo – come spesso nelle domeniche dopo la Pasqua – ci porta ai discorsi dell’ultima cena che, sappiamo bene, sono consegnati agli apostoli, non solo per loro, ma sono comunicazioni che il Signore fa a tutti; qui infatti, parla oltre il tempo, quasi già sia consumato il suo mistero ormai nella gloria, infatti, parla dell’oltre: “Quando verrà il Paràclito che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre”.

Lo Spirito di verità (la verità dello Spirito non quella filosofica di idee e concetti, ma dell’unità, vibrante ed esistenziale, col Padre e con lo stesso Gesù-Verbo (ricordiamo san Basilio di Cesarea che lo indica “compagno inseparabile” del Signore): eccoci innalzati al centro della realtà divina, lì lo Spirito “darà testimonianza di me” dice Gesù.

Siamo al centro focale di questo brano e di questa comunicazione di Gesù glorioso: è lo Spirito innanzitutto che ci dà testimonianza interiore riportandoci all’azione e all’animazione del Signore Gesù, questo dono, di evidente suggerimento e certezza tutta interiore, deve animare altra testimonianza: la nostra, di tutti noi cristiani.

Gesù in quei discorsi d’ultimo addio, che sorpassano la battuta temporale, vuole incoraggiare i suoi, per la presenza rassicurante dello Spirito santo (che è appunto Paraclito, consolatore e avvocato) nelle prove che pure descrive come severe ed inquietanti la nostra debolezza. Prove cui deve rispondere la testimonianza cristiana.

Non è raro ancor oggi si abbia notizia – spesso in luoghi diversi dai nostri abituali – di persecuzione proprio secondo la descrizione di Gesù: di là, la testimonianza ci giunge viva ed esemplare, mentre noi solamente di lontano ci sentiamo cordialmente partecipi.

Altra volta la testimonianza cristiana avviene in modo eroico nei contesti disagiati delle più diverse fragilità o in tentativo di evitare conflitti tra fazioni e in situazioni di drammatiche contese per il trionfo della giustizia. A noi, nella condizione di fondamentale e riconosciuta libertà nella manifestazione delle nostre convinzioni religiose e della nostra fede, sembra d’avere margini di testimonianza che, almeno nel confronto, ci appaiono solo tenui e smorti; ci sentiamo tanto piccoli e distanti da quei testimoni forti e vivi ancor in questo oggi di pretesa civiltà e pace.

Pure anch’io son chiamato a dire del Signore nel mio quotidiano, benché il mio esser cristiano stia comodo e tranquillo e, ancor più nel confronto, mi pare adagiato sul divano.

Forse, allora la mia testimonianza potrà solo affiorare da quella gratitudine sommessa, che mi reca la pace nel Signore e dà luce alla vita e allora, ancor qui: forse, non solo a me.


Don Giovanni Milani