SANTISSIMA TRINITÀ
MEDITAZIONE DI DON G. MILANI

La festa della Trinità ci riporta ad un grande valore che non risiede certo nel conoscere speculativo di ciò che per noi è inconoscibile: tanto luminoso – dobbiamo pensare – da abbagliarci, eppure sta nel patrimonio di rivelazione che Dio fa di sé a noi. Il nostro atteggiamento deve essere di fede, di tono religioso, non a conoscere. Nei profondi discorsi dell’ultima cena – come vediamo dal brano evangelico – Gesù non ci parla astrattamente delle persone della Trinità, ma del loro legame d’amore che proprio dalla Trinità vuol essere partecipato intimamente ai discepoli (non gridato al mondo come vorrebbe Giuda). Da qui possiamo arguire che Gesù, non intenda farci capire della Trinità, piuttosto farcene parte nell’esperienza dell’amore (innanzitutto sarà nei sacramenti che ci donano la vita divina). Con la Trinità, il nostro rapporto è piuttosto di tipo esistenziale; questo importa al Signore, questo deve importare a noi. Del resto (un poco in parallelo) conta per il figlioletto che il padre sia un importante uomo pubblico, o non piuttosto che si implichi nei suoi giochi e proprio così ne percepisca l’affetto? (ricordiamo il celebre esempio di Agostino).

Il Signore vuol legarsi a noi oltre il conoscibile, meglio ancora: implicarci in quella realtà superando limiti che parrebbero inviolabili come sono quelli di natura tra uomo e Dio! Penso che celebrare la festa della SS. Trinità sia soprattutto stupirci dell’amore di Dio che ci immette nella grandezza del suo mistero di unità-trinità. I predicatori si sforzano a fare applicazioni, a mostrare implicazioni col nostro vissuto, col nostro cammino di uomini che tentano la via della fede, ovvio e naturale, ma insieme assai grossolano; ne abbiamo intelligenza incapace, non semplice e sintetica com’è quella divina. Forse è possibile intravvedere trasparenze della Trinità nella famiglia (il vangelo stesso vi allude con Padre e Figlio); meglio ancora nel ricorrente discorso – e ben più pertinente – dell’amore: Dio è amore, questo non a dirci tanto la natura (quella è preclusa al nostro capire) ci dice molto di più, la tensione, l’inclinazione, lo sporgersi verso l’uomo qui invitato alla propria realtà, proprio dentro il mistero trinitario.

Grandi spiriti – pensiamo ad Agostino o Bonaventura – hanno tentato penetrare il mistero sforzandosi di leggere la realtà divina (ovviamente secondo il nostro debole pensiero): è sicuramente vero che la Trinità è sottesa ad ogni cosa, addirittura alla materialità del creato (il come forse resterà sempre incompreso per noi) è ben Lei creatrice nel Verbo, ma questo non è quanto più propriamente parla alla mia fede: piuttosto lo fa il mistero – che non so come esprimere se non come amore –; è il benevolo mistero della Trinità a coinvolgermi nella sua stessa realtà, l’essere (che è sempre amore) di Dio, e mi dilata incredibilmente lo spirito in una gratitudine figliale a sostenere e arricchire il mio tendere a Lui.

 

Don Giovanni Milani