Qui Gesù sta per ultimare il grande discorso, in Luca, detto della pianura che potremmo dire quasi programmatico di tutto il suo annuncio; come spesso nei vangeli, si esprime attraverso le immagini, che sono anche profondamente evocative, forse meglio per i suoi antichi uditori che non per noi, che non abbiamo lo stesso rapporto immediato con la natura e le cose.
Enuncia innanzitutto una evidenza lapalissiana: “Non vi è albero buono che produca frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca frutto buono. Ogni albero si riconosce dal suo frutto.” (Mi piace precisare che si usi καλὸν, bello, dove traduciamo buono. Vi è tutt’un altro occhio che forse dovremmo anche noi non poco ricuperare nei confronti del creato) .
È interessante notare che gli alberi richiamati siano il fico con l’uva, cioè la vite, e il rovo; pure è istruttivo lasciarci evocare dal loro ricorrere nella Scrittura: il fico, la vite (come anche l’ulivo) sono richiamo alla Terra Promessa e alla positività della vita fin dall’AT.
Poi anche sono simbolicamente note l’abbondanza, la fertilità e la pace messianica del fico non meno che della vite; questa poi – nel NT – diventa il Signore Gesù stesso; mentre il rovo, notoriamente, è più volte rievocato come rappresentazione negativa.
Dice il Signore: “L’uomo buono (qui ἀγαθὸς non καλὸς: la qualità è solo morale) dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene”. Subito lamenta lo si invochi senza seguirne l’insegnamento; qui abbiamo richiamo più vicino a noi, nella festa del duomo, la casa di preghiera che celebriamo; forse ci possiamo trovare riflessione a farne monito per il nostro pregare che esca davvero dal nostro “buon cuore” non sola espressione della “bocca” come potrebbe rischiare d’essere il pregare d’abitudine.
Certamente vogliamo andare al Signore Gesù, nell’essere veri e saggi costruttori che scavano alla roccia per una costruzione solida che resista ad acque funeste. Questa immagine del costruire una casa dalle solide fondamenta, penso abbia suggerito un po’ tutta la scelta liturgica di questo passo: l’edificare la casa ha richiami quasi immediati alla pietra angolare che è il Signore Gesù e alle pietre vive che vi si innalzano in ben compaginata solidità a dire della comunità ben coesa e compaginata dei fedeli.
La cattedrale – oggi ne celebriamo la dedicazione – è viva immagine dell’unità della Chiesa che si esprime nella coesione di fede attorno e in comunione col vescovo che ne è maestro, anche molto nella visibilità della preghiera che vi si innalza: facciamoci pure noi cordialmente partecipi nella preghiera e in sentimenti rinnovati di fede e comunione.
Don Giovanni Milani

