DON GIOVANNI MEDITA NELLA QUINTA DOMENICA DI AVVENTO

La liturgia ci riporta a Giovanni Battista la più tipica figura d’avvento, di attesa del Signore, il suo precursore. 

Nonostante a Gesù abbia già dato testimonianza, i suoi discepoli ne sentono una sorta di gelosia e l’occasione d’una disputa con un giudeo circa la purificazione rituale (forse dello stesso battesimo) diventa occasione di sfogo e lamento per l’accorrere di tutti a farsi battezzare da Gesù e non da Giovanni che pure lo faceva in “Ennon vicino a Salim”. 

Giovanni è subito pronto a richiamare come nessuno può presumere dei doni di Dio: il suo dono è quello di precedere, di fare strada, d’essere mandato avanti. Non è lui il Cristo, come già aveva detto e avrebbero potuto facilmente loro stessi ricordare e dare testimonianza. 

Poi il Battista rievoca immagine antica e nuova insieme: l’immagine dello sposo. 

È richiamo antico, tanto spesso, specie nel linguaggio dei profeti, è stato presente con appello alla unione matrimoniale, il vincolo umano più forte nell’esperienza della vita, a significare l’alleanza tra Dio e il suo popolo Israele. 

Lo sposo è il Signore, la sposa spesso infedele, il popolo salvato dall’Egitto, condotto alla terra della promessa e con ogni cura amato e richiamato a fedeltà. 

È anche parabola nuova dove lo sposo è Gesù (non manca allusione divina nel Signore Gesù) e Giovanni aggiunge nella parabola la propria immagine di “amico dello sposo”. 

Non c’è gelosia in Giovanni, che anzi gioisce, appunto come “l’amico dello sposo che è presente e ascolta esultando di gioia alla voce dello sposo”. Perché “lo sposo è colui al quale appartiene la sposa” e il Battista lo indica chiaramente in Gesù che vede nella sua missione cosicché la sua “gioia sia piena”. 

La sua opera, la missione di Giovanni, si sta compiendo: “Lui deve crescere; io, invece, diminuire” afferma, a significare il proprio compito ancillare rispetto a quello del Signore Gesù. L’opera di Giovanni è l’annuncio, lui è battistrada del Signore, non vuole certo sostituirsi a Lui che addita come l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo. 

Il suo, sa bene, sia un parlare solamente terreno e di testimonianza a Gesù che “viene dall’alto” perché possa “attestare quanto ha visto e udito”. 

I discepoli di Giovanni vivono nostalgie di bene che sanno vedere solo nel loro maestro, ma hanno bisogno di luce e vita nuova: la vivacità dello sposo che viene dall’alto ed è sopra di tutti. 

Giovanni è stata voce che richiamava a raddrizzare strade per la venuta felice come di nozze dello “sposo”, ora davvero è tempo di “diminuire” perché sia lui, lo sposo a crescere, il precursore ha da diminuire; il suo così alto tenore umano deve cedere il passo al dono dello Spirito in cui solo Gesù immerge.

 

Don Giovanni Milani