La narrazione di Cana di Galilea ci è ben nota, ma il coglierne il senso vero deve impegnare la nostra attenzione di fede.
L’agire di Gesù quanto il racconto di Giovanni, hanno infatti il voluto esito della fede dei discepoli invitati a quelle nozze (quanto di noi all’ascolto), nozze non narrate se non come sfondo “all’inizio dei segni compiuti da Gesù”.
È noto che il quarto Vangelo è letto, nella sua prima metà (il libro dei “segni”), come strutturato attorno a sette gesti (appunto, i “segni”) rivelatori della missione del Signore Gesù. Così la nostra pagina, che ne registra il primo, assuma particolare rilievo.
La narrazione non è compiutamente descrittiva, si muove quasi a caso rilevando particolari.
A me piace molto rimarcare che in una vivace moltitudine di persone e cose, sia Maria a notare un possibile disagio nel mancare, forse solo scarseggiare, del vino e, con delicata richiesta, lo faccia notare al Signore Gesù il quale reagisce in modo piuttosto a noi oscuro, probabilmente a suggere pensiero dell’”ora” nel compimento della sua missione.
Sempre Maria, nel suo intuito materno, procede con suggerimento (che diventa esortazione simbolica anche per noi), dice “ai servitori: – Qualsiasi cosa vi dica, fatela”.
Le grandi anfore, λίθιναι (di pietra), ci sono richiamo all’antico (i coltelli della circoncisione nel deserto?) che ha bisogno di rinnovamento e lo trova proprio in Gesù: nella novità della mirabolante mutazione, come nella soverchia abbondanza. Rimarchiamo qui la profusione che, fuori dal simbolo, fa evidente l’annuncio, il vangelo di grazia che è la presenza e promessa del Signore stesso.
La lettura ulteriore con il richiamo alle nozze, menzionando lo sposo e colui che dirigeva le operazioni della festa in figure un poco macchiettistiche, ha valore di rimarco all’eccellenza del dono e fa anche emergere lo sposo – personaggio fondamentale per le nozze – meno accorto nella vicenda antica, qui quasi una controfigura dello Sposo vero che pare avere agito nell’ombra pure con unica e grande efficacia.
Tutto è certo da leggere nella profonda allusione del simbolo.
È Gesù lo Sposo vero, non di quelle nozze insieme sconosciute e celeberrime, ma lo sposo tanto accorto da donare con profusione, più che ai convitati antichi, all’umanità intera la sua grazia e inanellarla sposa nella Chiesa che nasce dal suo sacrificio redentore.
Accennavamo all’inizio alla fede dei discepoli risultato di quel gesto, quel primo “segno” rivelatore del Signore. Siamo noi ora chiamati alla fede dell’accogliere il “segno” e in esso il Signore Gesù che qui non parla, ma significa, nell’esuberanza del dono, il grande messaggio dell’amore, senso ultimo del suo venire tra noi.
Don Giovanni Milani