Il brano del vangelo di questa domenica, benché ci sia ripetutamente proposto, è sempre da riprendere e rimeditare: ci porta ai prodromi, non solo storici, del farsi uomo di Dio e al grande dono-mistero della maternità divina di Maria.
Sono molto grato a Luca che, sulla trama di continue citazioni e richiami alla profezia dell’antico testamento, stende una narrazione come di un dialogo tra il divino e la Vergine.
Il vero, storico, contatto ci è certamente insondabile perché particolarissimo dono alla Vergine Maria; qui l’evangelista, con grande finezza, sin quasi a nascondere la sua mano, con continuo attingere alla Scrittura antica e su una fitta trama di richiami profetici, rende sensibile a noi – nella forza dell’ispirazione divina – l’incredibile abbassarsi del divino ad entrare nell’umanità mediante la Vergine già arricchita della grazia singolare di non essere mai stata toccata neppure dal peccato d’Adamo in previsione della sua disponibilità e della grandezza redentiva del suo Figliolo.
Con la continua mediazione letteraria dell’AT, Luca ci dà conto della libertà della Madonna, nel dialogo con Dio, nell’accettarne la grazia e l’impegno nella maternità umana.
Ci indica il modo soprannaturale di quell’evento nella partecipazione-presenza della Trinità stessa: “Lo Spirito santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio”.
Chi, per grazia, nascerà da lei non sarà meno suo figlio, sarà infatti lei a dargli nome (nell’antico ricordiamo diceva il senso profondo della persona) benché “grande e … e chiamato Figlio dell’Altissimo”.
A Maria è annunciata la grandezza del Figlio: sia nelle radici dell’antica promessa: “il Signore Dio gli darà il trono di Davide (il re messianico)”. Quel regno, quella signoria – non solo e “per sempre sulla casa di Giacobbe” portando a termine le promesse al popolo eletto –, ma “il suo regno non avrà fine”, nel compiere il rinnovamento dell’umanità intera.
L’accettazione della proposta di Maria ci è descritta come disponibilità certamente assoluta al dono e compito altissimo che le è richiesto da Dio, ma in una ponderata accettazione che ci mostra la maturità umana e spirituale della Vergine.
L’angelo, nel saluto invita Maria, la κεχαριτωμένη (colma di grazia, di gioia) appunto a gioire: lo facciamo anche noi che beneficiamo del suo mistero, del suo dono, che tanto si rivolge a noi in questa festa: la più antica e significativa festa mariana che la nostra liturgia antica mantiene come immediata apertura alla grazia del Natale.
Nella forma di una narrazione apparentemente storica ci è dato il grande annuncio e l’inizio profetico della redenzione.
Don Giovanni Milani