Il brano del vangelo di oggi, non è narrazione di un episodio di vita del Signore, ma una diatriba sulla sua affermazione: “Io sono la luce del mondo”.
Il contesto locale è il luogo del tesoro del tempio, quello temporale, la festa delle capanne con la quale, in autunno, si ringraziava dei frutti e si invocavano le piogge per la fecondità del suolo; allora Gerusalemme era illuminata da fiaccole giorno e notte. È probabile, che quest’uso abbia dato esca all’affermazione di Gesù che invitava alla sua sequela.
C’è dunque innanzitutto da riflettere su questa affermazione: “Io sono la luce del mondo”. L’Io-sono richiama, dall’Esodo, il Nome, la realtà di Dio (che, per vero, troviamo più volte in Giovanni: io sono il pane di vita, l’acqua viva ecc.).
Qui, la “luce” ricorda subito il primo giorno della creazione, ma ancora la Parolaluce, la sapienza-luce, ma – soprattutto in Giovanni – il legame, anzi, il simbolo diretto della vita (nel capitolo successivo troveremo conferma dell’affermazione nel segno della luce con il cieco nato).
Gli scribi e i farisei che contestano Gesù, si attaccano ai precetti (ben 613!) della Legge come guida, ma poi tanto facilmente li riducono ad adempimenti, a gesti di tradizione che ne disattendono lo spirito. Ecco l’affermazione del Signore: “Chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita”; seguirlo non è un andare a caso, un brancolare senza orientamento, ma seguirne la luce, averne ricchezza di vita.
I suoi avversari lì nel tempio, hanno mentalità giuridica e subito prendono l’affermazione io sono la luce del mondo, in tale senso: l’avversano come testimonianza invalida perché di un solo teste contro la doppia esigenza legale.
Gesù accetta anche la loro mentalità sia affermando di dire comunque il vero perché ben radicato (“So da dove vengo e dove vado” allude così alla sua origine divina e al suo agire per la salvezza degli uomini), poi anche – nella stessa linea – afferma di sé stesso e del Padre come duplice testimonianza.
Il giudizio farisaico è puramente carnale, umano, Gesù non vuole giudicare (condannare) ma se lo fa, agisce secondo la Legge perché in sintonia con il Padre (i due testimoni).
Il nostro branetto si chiude con la domanda: “Dov’è tuo padre?” che evidentemente misconosce la missione di Gesù avuta dal Padre, a cui il Signore risponde sottolineando la grossolanità materiale degli avversari: non cercano esperienza spirituale (“Voi non conoscete né me né il Padre mio”) così non riescono ad entrare in sintonia con l’annuncio di Gesù e non possono innalzarsi al Padre, a Dio. La grande comunicazione della paternità di Dio, missione del Signore Gesù, non può che rimanere loro estranea.
L’amore paterno di Dio da noi accolto, dia frutti di pace nella testimonianza che il nostro seguire Gesù “luce del mondo” può offrire al mondo stesso.
Don Giovanni Milani