DON GIOVANNI MEDITA NELLA TERZA DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI S. GIOVANNI

Nel nostro brano troviamo un dialogo famoso, quello tra Gesù e Nicodemo. È tipico di Giovanni affidare ai dialoghi, che nel suo vangelo si protraggono più che nei sinottici, l’annuncio di Gesù e ancor più significare così che il rapporto personale con Gesù conduca alla fede. 

Nicodemo è indicato come uomo autorevole: “uno dei capi dei Giudei”, anche il suo nome (che accosta “vittoria” e “popolo”) ne dice; è un fariseo, meticoloso osservante della Legge, che si avvicina al Signore Gesù evidentemente interrogato ed affascinato dalla persona per “i segni che compie”: dicono con evidenza Gesù venga da Dio. 

È proprio lui a muoversi verso il Signore, come vedremo non sarà invece della Samaritana, tuttavia lo fa “di notte”. Il particolare non pare essere solo storico, piuttosto di rilievo simbolico: la notte, la tenebra nella tipicità di Giovanni parla piuttosto in negativo (ricordiamo le allusioni del prologo) forse a dire la titubante incertezza di Nicodemo verso il Signore. 

Qualche commentatore rileva anche come la notte, un poco in tutta la Scrittura, appaia come momento e luogo della decisione intima, sofferta o improvvisa (pensiamo nei vangeli, ad esempio a Giuseppe che prende il bimbo in face per salvarlo da Erode; Gesù stesso prima dell’arresto ha la dolorosa e decisiva notte del Getsemani; ma già nell’antico v’è quella della partenza del popolo dall’Egitto o la notte stellata di Abramo). 

Intimità e decisone sono ben vibranti anche in questa notte. L’intimità è certamente cercata da Nicodemo; la decisione è invece piuttosto incalzata da Gesù (benché Nicodemo solo lentamente si farà discepolo: ricordiamo la (timida?) difesa di Gesù nel sinedrio del settimo capitolo, poi ben più decisa, seppure solo rivelata dai simboli, l’affermazione della regalità di Gesù dopo la morte, attraverso gli aromi regali con Giuseppe d’Arimatea). 

La proposta di Gesù pare irricevibile da Nicodemo che guarda alla terra: la nascita dall’alto (il testo porta ἄνωθεν che ha doppio significato: dall’alto e di nuovo) pare impossibile a chi ragiona solo in senso materiale come un fariseo dalle concrete e tangibili osservanze. 

Gesù propone novità radicale, non fatta dal rapporto di pretese osservanze, ma di grazia nella libertà dello Spirito che come “il vento soffia dove vuole”. Il Signore Gesù parla per conoscenza diretta delle cose dall’alto, noi con Nicodemo dobbiamo accogliere la sua testimonianza che ci porta in temperie diversa dall’immediatezza rozza della constatazione materiale e dalla pretesa religiosa di adempimenti formali. 

Il Signore annuncia la grazia dello Spirito che si deve accogliere come già annunciavano le Scritture antiche, specie nei testi dei profeti che Nicodemo, “maestro d’Israele”, avrebbe dovuto conoscere. 

Il testo non è agevole, non tanto per le espressioni di Giovanni, quanto nell’accoglierlo nella profondità del cuore e trarlo in esperienza di vita, la tentazione dell’esperienza tangibile nel rapporto con Dio è sempre forte, l’invito ci si rinnova ad abbandonarci allo Spirito nella fede al Signore Gesù “disceso dal cielo”.

 

Don Giovanni Milani