In questa ultima domenica del luminoso tempo epifanico siamo invitati alla riflessione sul perdono che è tema e titolo di questa liturgia in evidente preparazione all’imminente tempo quaresimale.
Ancora abbiamo una narrazione evangelica assai nota nell’episodio di Gerico dove i vangeli ci narrano assai dell’agire del Signore Gesù, anche del suo potere taumaturgico con il cieco forse più famoso della storia; ma oggi il nostro racconto riguarda un agire più profondo del Signore che dare guarigione fisica: è un sanare nel profondo, nel cuore.
Sappiamo parecchio della città di Gerico, dal clima felice e anche città, sempre nel dominio soggetto ai Romani, pure allora di frontiera tra la Giudea, dove governava Pilato e la Perea di Erode Antipa. Luogo di frontiera, dunque di dazi, dove non mancavano certo i collaboratori della forza occupante in dominio: pubblicani, naturalmente invisi alla gente, che sapevano, in quella posizione, anche arrangiare i propri interessi, tanto che il nostro Zaccheo, ἀρχιτελώνης arci: capo dei pubblicani, ci è subito dichiarato “ricco”.
La curiosità di “vedere chi era Gesù”, forsanche il disagio di trovarsi nella calca, lui non certo benvisto, insieme con la statura scarsa, gli danno l’inventiva d’arrampicarsi su un frondoso e mimetico sicomoro. Gesù vi giunge sotto, non si occupa di tutto quel pigia pigia, alza invece gli occhi a chiamarlo giù.
La scena ha certo forsanche più d’un dito d’umorismo, pure ne è tanto serio ed evidente l’insegnamento: Gesù va a cercare proprio lui, cioè, com’era detto da tutti, un peccatore, proprio da lui, nella sua casa dichiara di ‘dovere’ fermarsi (σήμερον γὰρ ἐν τῷ οἴκῳ σου δεῖ με μεῖναι: è quasi un prender dimora per quel giorno).
E, naturalmente lo scandalo: “Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!»”. Pare Gesù stia bene nello scandalo dei benpensanti che qui devon certo ricredersi per il generoso cambio di passo del personaggio con la dichiarazione al Signore: “Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto”. Parrebbe un coup de théâtre ed è un cambiamento di vita, una vera conversione.
Curioso quest’ometto, se non fossimo troppo abituati alla narrazione fin commovente. La nostra attenzione però, non può rimanere all’episodio evangelico. Ricordiamo che il vangelo ci vuole insegnare di Gesù, qui l’amore, la preferenza per i peccatori deve bussare alla nostra attenzione a dare coraggio alla nostra debolezza per imparare da Gesù, e perché non un poco almeno, dalla generosità di Zaccheo?
Don Giovanni Milani