Il centro, il cuore, di questo piccolo ritaglio di vangelo è sicuramente l’affermazione di Gesù a dare impulso e forza alla fede dei discepoli: “abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!”.
Credo sia da porre attenzione al tono con cui il Signore Gesù afferma di avere vinto il mondo, infatti non è grido di vittoria, ma è a giustificare l’esortazione ad avere coraggio ai discepoli.
Il contesto è quello dell’ultima cena, una cena pasquale, un momento di festa religiosa che naturalmente metterebbe in cuore il senso, appunto gioioso, della festa; è proprio questo che hanno in cuore i discepoli che stanno celebrando, attorno al loro maestro. L’hanno visto vincere tanto spesso contrasti con i maggiorenti del popolo, esser tanto gradito e ricercato dalla gente: singoli e folle, addirittura operare guarigioni fisiche, persino agire con gesto – come non riconoscerlo divino – di comandare alla violenza naturale del vento e del mare.
I discepoli sono certo orgogliosi di essere con Gesù, se ne sentono parte, protetti e un poco partecipi della sua grandezza del suo potere, ma lui li invita ad essere coraggiosi perché, nel mondo, hanno, e più avranno, tribolazioni.
Per i presenti, i discepoli di Gesù che l’ascoltano (e probabilmente nemmeno intendendolo appieno) non può essere che sorpresa, forse anche smarrimento. L’avevano già sentito l’invito a non avere paura là sul lago in tempesta, qui come poi nelle apparizioni da risorto è invito pieno ad affidarsi a lui, alla fede con la sorprendente affermazione – già prima della sua immolazione e vittoria sulla morte – di “avere vinto il mondo”.
Gesù non trionfa – come istintivamente forse anche noi vorremmo intendere – in senso materiale sul mondo, pur avendone divino potere, vince il peccato: la morte radicale dell’umano.
Il mondo continua a far guerra al bene, ma la nostra fede, ci dà certezza che già il Signore Gesù l’ha vinto donando “la vita eterna” a coloro che il Padre gli ha dato: chi l’accoglie nella fede vera perché la vita eterna è “conoscere l’unico vero Dio e colui che ha mandato, Gesù Cristo” è entrare nell’esperienza vitale del mistero divino.
La fede nel Signore Gesù, non ci tutela dalle evenienze faticose, dolorose e tristi del cammino umano, dona invece un senso al nostro cammino di umanità affidata al Signore, persino agli insuccessi, come cammino di speranza, che è certezza dell’incontro definitivo con il Signore nel bene.
Già incipientemente ci è partecipato quel bene nella serenità della vita di quaggiù che impara a non fondarsi nel materiale, ma lo persegue, il bene, nell’insegnamento dell’amore che Gesù ci ha donato con la parola e più con l’immolarsi per noi sulla croce.
Don Giovanni Milani