In questa domenica ricordiamo e ancor più viviamo il dono della Pentecoste che nella celebrazione liturgica conclude la Pasqua, ma anche ne rilancia il dono nella vita della Chiesa. La Pentecoste, se storicamente richiama l’effusione dello Spirito santo sulla Chiesa nascente là nel cenacolo sugli apostoli insieme con Maria, segna l’inizio di quel dono, generato dalla Pasqua – morte e resurrezione del Signore Gesù – che diffonde, per opera della Chiesa, salvezza ad ogni vivente. Il breve testo evangelico, come ripetutamente nelle scorse domeniche, è tratto dai ‘discordi d’addio’ nel vangelo di Giovanni: in questa solennità di Pentecoste diviene invito a cogliere il dono dello Spirito santo nel legame d’amore che avvince il discepolo, Gesù, il Padre e lo stesso “Spirito di verità”. Il nostro piccolo ritaglio si apre con il ripetuto invito ad amare il Signore nel custodirne la parola, i comandamenti. L’amore vero non vive solo delle effusioni affettuose del cuore, ma della profonda concretezza d’adesione che, qui, Gesù ci dice solleciterà la sua preghiera al Padre perché invii un altro “Paraclito”, è evidente: altro dopo Gesù stesso, “che rimanga con voi per sempre”. Il Paraclito, il termine è tipico degli scritti di Giovanni e, con sapore un poco giuridico, lo dice chiamato accanto, quasi a difesa della nostra fragilità e nostro consolatore; questo Amico Consolatore che “rimanga con noi per sempre” è lo “Spirito della verità”.
L’espressione, nota già al giudaismo, è ripresa dal IV vangelo, indica il rapporto tra lo Spirito e la verità che è interiore all’uomo, proprio là dove agisce lo Spirito che fa penetrare con intelligenza di fede l’insegnamento di Gesù e ha anche senso di opposizione all’errore (al “mondo… perché non lo vede e non lo conosce”). Il Signore rassicura i discepoli, in opposizione al mondo ottuso allo Spirito, circa lo Spirito della verità: “Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi”, sappiamo bene che è lo Spirito che farà capaci gli apostoli di testimoniare il Signore sino all’effusione del sangue. Queste parole del Signore Gesù, questo dono, queste rassicurazioni giungono sino a noi a darci certezza di una presenza che, se per i discepoli si deve ancora compiere in pienezza – appunto nella Pentecoste – già si è attuata nella Chiesa ed in noi stessi e ci rassicura di un legame non solo tra Cristo e il Padre: ci coinvolge: “In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi”.

Don Giovanni Milani
DON GIOVANNI MILANI,
MEDITAZIONE NELLA DOMENICA DI PENTECOSTE
In questa domenica ricordiamo e ancor più viviamo il dono della Pentecoste che nella celebrazione liturgica conclude la Pasqua, ma anche ne rilancia il dono nella vita della Chiesa. La Pentecoste, se storicamente richiama l’effusione dello Spirito santo sulla Chiesa nascente là nel cenacolo sugli apostoli insieme con Maria, segna l’inizio di quel dono, generato dalla Pasqua – morte e resurrezione del Signore Gesù – che diffonde, per opera della Chiesa, salvezza ad ogni vivente. Il breve testo evangelico, come ripetutamente nelle scorse domeniche, è tratto dai ‘discordi d’addio’ nel vangelo di Giovanni: in questa solennità di Pentecoste diviene invito a cogliere il dono dello Spirito santo nel legame d’amore che avvince il discepolo, Gesù, il Padre e lo stesso “Spirito di verità”. Il nostro piccolo ritaglio si apre con il ripetuto invito ad amare il Signore nel custodirne la parola, i comandamenti. L’amore vero non vive solo delle effusioni affettuose del cuore, ma della profonda concretezza d’adesione che, qui, Gesù ci dice solleciterà la sua preghiera al Padre perché invii un altro “Paraclito”, è evidente: altro dopo Gesù stesso, “che rimanga con voi per sempre”. Il Paraclito, il termine è tipico degli scritti di Giovanni e, con sapore un poco giuridico, lo dice chiamato accanto, quasi a difesa della nostra fragilità e nostro consolatore; questo Amico Consolatore che “rimanga con noi per sempre” è lo “Spirito della verità”.
L’espressione, nota già al giudaismo, è ripresa dal IV vangelo, indica il rapporto tra lo Spirito e la verità che è interiore all’uomo, proprio là dove agisce lo Spirito che fa penetrare con intelligenza di fede l’insegnamento di Gesù e ha anche senso di opposizione all’errore (al “mondo… perché non lo vede e non lo conosce”). Il Signore rassicura i discepoli, in opposizione al mondo ottuso allo Spirito, circa lo Spirito della verità: “Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi”, sappiamo bene che è lo Spirito che farà capaci gli apostoli di testimoniare il Signore sino all’effusione del sangue. Queste parole del Signore Gesù, questo dono, queste rassicurazioni giungono sino a noi a darci certezza di una presenza che, se per i discepoli si deve ancora compiere in pienezza – appunto nella Pentecoste – già si è attuata nella Chiesa ed in noi stessi e ci rassicura di un legame non solo tra Cristo e il Padre: ci coinvolge: “In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi”.
Don Giovanni Milani
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