LA FRANA, L’ATTESA E LA GIOIA.
L’IMPRESA DEI RAGNI IN INDIA
RACCONTATA DAI PROTAGONISTI

Luca Schiera

LECCO – Dopo la notizia anticipata del grande successo di una settimana fa, arrivano anche i dati e i racconti di Matteo Della Bordella, Matteo De Zaiacomo e Luca Schierai tre Ragni di Lecco che lo scorso 15 settembre hanno aperto una nuova via sul versante ovest del Bhagirathi IV (India), denominandola “Cavalli Bardati (che fanno tremare la terra)“.

Matteo De Zaiacomo

Una frana lungo la via che avrebbero dovuto scalare sembrava aver messo la parola fine alla loro spedizione nei primi giorni del mese, ma i tre non si sono dati per vinti e, con tanta pazienza e determinazione, sono riusciti nella loro impresa. Il trio ha aperto il nuovo itinerario in perfetto stile alpino, in 20 ore di arrampicata non stop dalla base alla vetta. La via è stata salita quasi completamente in arrampicata libera, con difficoltà che arrivano fino al 7b e qualche raro passaggio in artificiale, il tutto rigorosamente con protezioni tradizionali.

Matteo Della Bordella

Questo il report di Matteo Della Bordella che ripercorre le fasi principali della spedizione:

3 settembre 2019. Ci sentiamo tutti e tre in piena forma ed anche il monsone è finito da pochi giorni, le piogge copiose che ci avevano accompagnato nelle prime due settimane ora non sono altro che innocue nebbie, che ci avvolgono nelle ore serali. Fa caldo, troppo caldo. Mentre sono assorto nei miei pensieri è Giga ad un certo punto a richiamare la mia attenzione: “Guarda!….Teo Guarda!”. La sua voce è allarmata ed esco dalla tenda in fretta e furia. Giusto in tempo per vedere lo spettacolo che mi lascia senza parole: blocchi grossi come macchine stanno rimbalzando esattamente lungo la linea che avremmo dovuto salire l’indomani.

Si spaccano in mille pezzi e poi ancora rotolano verso il basso, coprendo di detriti tutta la parete fino ad arrivare
sullo zoccolo e quindi sulla pietraia. Pochi minuti dopo altre rocce si staccano dalla fascia finale di scisto del Bhagirathi IV, rimbalzano e si incanalano proprio sulla nostra via: vedo i detriti percorrere i due diedri, poi le placche e quindi più lentamente lo zoccolo. Nessuno osa fiatare. Non ci sono mezze parole per descrivere l’accaduto: se ci fossimo trovati sulla nostra linea di salita in quel momento saremmo probabilmente morti, schiacciati dalla mole di pietre appena cadute. Cosa abbiamo fatto dopo aver assistito ad uno spettacolo simile? Beh, quello che avrebbe fatto qualunque essere umano: non abbiamo attaccato la via e siamo tornati al campo base con le pive nel sacco ed il morale ridotto ai minimi termini.

14 settembre 2019. Sono passati undici giorni dal momento che ha cambiato la nostra spedizione. In mezzo un tentativo fallito su una linea più diretta e riparata, ma forse troppo dura. Solo due giorni prima avevamo portato giù tutto il materiale e dichiarato chiusa la nostra spedizione. Ma poi nella notte un’idea forse folle ha iniziato ad insinuarsi nella mia mente. Quando l’ho esposta ai miei compagni non sapevo cosa aspettarmi… mi avrebbero mandato a quel paese o l’avrebbero trovata un’idea geniale? Ragazzi, un ultimo tentativo in velocità. In giornata e con il minimo indispensabile. Sembra impossibile, ma tanto vale provarci”.

Partiamo a mezzanotte dai 5.000 metri del nostro campo avanzato. La scalata fa schifo, nulla a che vedere con quello che era 4 anni fa. O meglio, sarebbero dei bellissimi tiri di fessura verticali e strapiombanti sul 6c/7a, se non fosse che tutto è ricoperto o intasato dalla polvere e dai detriti della frana. Dopo qualche ora siamo fuori dalla zona della frana, ora la roccia è pulita. Inizia però la parte marcia, quella da sempre formata da blocchi instabili. Ancora qualche tiro e cedo il comando a Luca per la ciliegina sulla torta: due tiri sugli strati di scisto friabile che hanno reso famose queste montagne.

Luca riesce a salire il primo con la luce, trovando fortunatamente una vena di granito, il secondo è
già al buio. Ora la neve: abbiamo un paio di ramponi in 3, ma poco male. Prendo il comando, mi
armo di pazienza e cerco il modo di fare delle soste decenti per i miei compagni che risalgono a
jumar. Alle 23 tocchiamo tutti quanti i 6.193 metri della cima. Ci riposiamo poi qualche ora nei nostri sacchi a pelo, prima di iniziare la discesa dal versante Est.

Credit foto: Archivio Ragni della Grignetta – www.ragnilecco.com