RELIGIONE/LA MEDITAZIONE
DOPO L’OTTAVA DEL NATALE
DI DON GIOVANNI MILANI

È nella “potenza dello Spirito” che Gesù ritorna nella Galilea (sua, ma anche “delle genti”, ch’è pure dei cinque santuari pagani: i cinque mariti della samaritana) sempre lo Spirito è con lui, anzi “sopra” come al battesimo o, giustappunto come nel testo di Isaia letto: lo Spirito santo è inseparabile dal Signore Gesù.

Venne proprio nel “suo” paese, Nazaret, e “secondo il suo solito di sabato entrò nella sinagoga e si alzò a leggere”. Mi piace notare: nella lingua del vangelo, quel: “si alzò”, perché è proprio la parola della resurrezione (sorse!) ci suggerisce, ci prepara a grande annuncio; nota anche la parola appresso: “leggere”, vale – sempre nel testo d’origine – pure il penetrare, il conoscere a fondo: Gesù è ben addentro a quanto dicono di lui i profeti.

Dunque Gesù, s’alzo a leggere e conoscendo profondamente insegna davvero perché, solo lui (lo dirà l’Apocalissi) è degno di “aprire il rotolo”, ovvio non in senso puramente fisico.

Il sabato si porta sempre dietro il suo senso di festa, là ne era già realizzazione (per noi, si fan vivi a pregustarla, fin ricordi di leopardiana adolescenza che richiamano la luminosità felice dell’attesa). A quel sabato s’aggiungeva l’anelante meravigliata curiosità dei paesani: “gli occhi di tutti erano fissi su di lui”.

Nella sinagoga la lettura, principalmente e prima, era la Torah, seguita dalla preghiera dei salmi; solo poi – quasi a commento – un testo profetico che era commentato, non necessariamente da maestri (nella sinagoga d’un paese disprezzato come quello, non pareva facile trovarne) bastava un “figlio del comandamento, del precetto” (chi già avesse compiuto il famoso Bar mitzwah dei dodici anni). Ma, quella volta, un maestro c’era e famoso; è detto: “la sua fama si diffuse in tutta la regione”.

Il maestro “sedette”, qui notiamo il tipico, solenne atteggiamento d’insegnare (ne rimane ancora traccia nella “cattedra” del vescovo o, genericamente, del docente) è dunque evidente che qui Gesù voglia comunicare qualcosa d’importante. Già un passo profetico, pur senza la stessa autorevolezza della Legge, aveva richiami profondi, agitava speranze, era carico dell’esperienza dello Spirito (il profeta, benché non avesse ricevuto una consacrazione pubblica o liturgica, era – lo dichiara lo stesso testo tratto da Isaia – considerato “Unto”, consacrato a Dio, voce del Signore).

Il passo letto dal Signore indica un anonimo profeta inviato con incredibile e lieto annuncio, un evangelo di liberazione dei prigionieri, di vista ai ciechi, di libertà dall’oppressione e fin di un anno di grazia, un giubileo: liberazione da ogni vincolo d’ogni essere, secondo la legge.
È il commento è: “oggi si è compiuta questa scrittura”.

È con lui, il Signore Gesù, che “oggi” tutto il profetico regno di pace si compie. Il centro di tutto è proprio la realizzazione dell’oggi profetico: in Gesù ogni promessa è compiuta. L’”oggi” è espressione e tema caratteristico del terzo vangelo che deve fare pensare molto anche a noi, proprio in questo Natale: ogni profezia, nell’incarnazione del Verbo Gesù s’è adempiuta nel tempo, non solo ritmato dai giorni, ma in quel ”oggi” ch’è il tempo di Dio e già nostro. È pure il nostro “oggi” di grazia, perché l’Incarnazione e la croce ci fa figli in quel Figlio.  Ormai il tempo è grazia.

ir 24, 1-12 La sapienza, uscita dalla bocca dell’Altissimo, fissa la tenda in Giacobbe. Rm 8, 3b-9a Dio mandò il Figlio nella carne, perché vivessimo non secondo la carne ma secondo lo Spirito. Lc 4, 14-22 Gesù nella sinagoga di Nàzaret legge ilrotolo di Isaia: queste cose si sono adempiute.


Don Giovanni Milani

 

 

 

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–> Meditazione di don Giovanni Milani/Domenica dopo l’ottava di Natale 2021