MEDITAZIONE DI DON G. MILANI:
BATTESIMO DEL SIGNORE

Domenica passata, sempre da questo vangelo, leggevamo l’episodio di Nazareth sottolineando come san Luca l’avesse anticipato a dirci chi è Gesù, oggi, il terzo vangelo ci presenta il primo atto pubblico del Signore. In verità è una pubblicità assai particolare: avviene infatti quasi in nascondimento, tra la gente comune, anzi tra peccatori che chiedono, nel battesimo di Giovanni, perdono. Questo il primo atto da uomo maturo (il versetto successivo a quanto abbiamo letto ci dice l’età di circa trent’anni, per allora, tempo di ben affermata maturità): sino ad allora – per quanto ci fanno sapere i vangeli, e in particolare questo – del Signore non abbiamo avuto notizia se non della sottomissione ai genitori, dopo il suo singolare rimanere nel tempio al bar mitzwà, dei dodici anni.

Tutti gli evangelisti non possono non narrare questo momento del battesimo, che pure è di marcato, eppure tanto significativo nascondimento; Luca ci presenta in modo singolare Gesù, mentre è battezzato, immerso in acqua, da Giovanni: immerso anche in preghiera – nota peculiare al terzo vangelo – nell’investitura dello Spirito. “Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».” Il Signore Gesù è tra la gente, “tutto il popolo”, significativamente tra i peccatori: tutta la sua vita sarà immersa così: sin sulla croce tra peccatori, a loro (a noi) è dedicata tutta la sua cura per la salvezza. Il cielo si apre e discende “lo Spirito (compagno inseparabile) in forma corporea come una colomba”: è la colomba che “cova” le acque primordiali perché abbiano vita, è la colomba di Noè che segna salvezza per noi.

La voce, forse solo messaggio per Gesù, lo chiama l’amato della compiacenza divina. “Amato” è titolo di Isacco nella “legatura” (‘aqedah), in Gesù c’è sempre una disposizione sacrificale e in essa sta il compiacimento del Padre. Impariamo e godiamo da questa pagina evangelica di immersione nel popolo; Gesù non salva (non ci salva) con gesti clamorosi, benché la potenza di Dio sia nelle sue mani: lo vedremo nelle narrazioni dei miracoli, ma ci salva in questa umiltà estrema, nello svuotamento divino per l’immersione nell’umano (vedi l’inno di Efesini), anzi nella “carne”,
nella debolezza, nella fragilità dell’umano perché è questa che ha da riscattare.

Lo farà sulla e con la croce per la vittoria sulla morte, sulla morte vera, quella del peccato per una vita piena nello Spirito che a noi è donata con “il battesimo di Spirito santo e fuoco”, l’immersione del sacramento che ci salva.

 

Don Giovanni Milani