RAPPORTI UMANI IN LOCKDOWN.
VITA IN CITTÀ: “LA SOTTILE
MA SOSTANZIALE DIFFERENZA
TRA FORMA E SOSTANZA…”

Da qualche tempo ci siamo faticosamente avviati alla cosiddetta Normalità o Libertà di movimento che dir si voglia, che tanto é mancata soprattutto ai più giovani. Uscendo da casa più frequentemente e allontanandoci di parecchio dal quasi dimenticato quanto limitante recinto concesso alla canonica “attività motoria” quotidiana, spesso si incontrano persone che non si vedevano da mesi e mesi.

Pare strano ma in alcuni casi sembra ti vedano per la prima volta e pure il cenno di saluto quasi abituale ora diventa più difficile. Si ricomincia da capo.

È vero che siamo nella Grande Lecco e non in un paesino di montagna dove più facilmente ci si dà del Ciao e a questo ci si affida nel vissuto quotidiano ma é d’obbligo constatare quali danni abbia prodotto il prolungato lockdown nei rapporti fra le persone e nel comportamento di qualcuno.

Al raggiungimento del descritto e poco edificante comportamento sociale concorrono una maldigerita e diversa appartenenza politica o più semplicemente una inconfessata quanto epidermica antipatia personale: se poi c’é di mezzo la “Religione” e ti sei, insistentemente, macchiato della grave colpa di non voler aderire alla Congrega “giusta” apriti cielo. Sei fuori.
Niente di nuovo sotto al sole ma si potrebbe far meglio.

Don Abbondio - WikipediaNon che in paese ci si saluti sempre e comunque, diciamolo, ma nel borgo-diventato-città succede più spesso ed é più facile capire chi preferisce evitare anche il contatto occasionale e pure il saluto: come ben saprete, sono quelli che quando ti vedono sbucare all’orizzonte sui lunghi viali, a rischio di cadere in un tombino aperto, fissano insistentemente il telefono per centinaia di metri e all’inevitabile incrocio torcono il collo in perfetto stile don Abbondio, camminante verso i Bravi.

Perché far tutti questi sforzi per distinguersi: a questo mondo, infatti e proprio dovendo scegliere, é più importante il Rispetto del saluto.

E così sia.

Claudio Baruffaldi