RELIGIONI: DON GIOVANNI MEDITA NELLA DOMENICA DI PENTECOSTE

Rievochiamo e viviamo oggi, come ci invita la liturgia, la grande festa di Pentecoste, celebrazione comune pure all’ebraismo che nel compimento delle sette settimane dalla Pasqua, nelle gioiose primizie dei raccolti, commemora il dono della Legge di Mosè sul Sinai. Per noi il dono è ben più grande che non la Torah antica, è anzi il dono dell’effusione dello Spirito santo nel nascere della Chiesa, dunque su di noi. 

Nelle comunicazioni cordiali del Signore Gesù, prossimo all’immolazione della croce e dunque a staccarsi dagli amati discepoli presenti alla cena, troviamo esortazione all’affettuosa osservanza dei “suoi comandamenti” perché questo legame d’amore dia modo alla preghiera di Gesù di chiedere al Padre il dono di “un altro Paraclito perché rimanga con loro per sempre”. 

L’espressione “altro Paraclito” (ἄλλον παράκλητον, la traduzione ci riporta di peso la stessa parola greca): lo dice “altro”, evidentemente rispetto al primo: il Signore Gesù stesso, che nel mandato ricevuto dal Padre, è chiamato, inviato accanto ai discepoli protettore e consolatore. 

Questo “altro Paraclito” è precisato nello “Spirito della verità che il mondo non può ricevere” non avendone esperienza (“perché non lo vede e non lo conosce”) come invece i discepoli stessi, che ne hanno intima conoscenza nell’amore di Gesù. 

È Spirito di verità, non tanto e solo nel penetrare il vero intellettuale, quanto nell’introdurre il discepolo all’esperienza del divino: l’amore che dà accesso (come dirà lo stesso Signore Gesù) alle cose future, non agli eventi che si realizzeranno, ma all’escatologico, al definitivo e permanente nel sempre. 

Il grande dono dello Spirito che si effonde sulla comunità di Gerusalemme, cioè sull’intera Chiesa, è presenza operante di Cristo stesso, che afferma di non abbandonate orfani i discepoli, ma di “venire”, ossia agire in permanente presenza a loro, evidentemente nello Spirto Paraclito. 

Infatti se il battito del tempo sottrae la presenza fisica di Gesù al mondo, non è così per i discepoli: Gesù rimane comunque presente ai suoi (“voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete”) nel dono di quella vita che il sacrificio della croce e la vittoria della risurrezione offre e garantisce nello Spirito effuso di Pentecoste. 

È con lo Spirito che i discepoli stessi sono innalzati all’esperienza divina nel Signore Gesù (“In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi”).

 

Don Giovanni Milani