RELIGIONI: DON GIOVANNI MEDITA NELLA QUARTA DOMENICA DI PASQUA

In questa IV domenica di Pasqua ci è riportato un tratto dei discorsi intimi e profondi di Gesù con i suoi discepoli nell’ultima cena, come ci documenta il IV vangelo. 

Vi si tratta del legame che congiunge i discepoli, i cristiani, al Signore Gesù e tra loro stessi. Questo legame è l’amore che, non solo ci è indicato a precetto, ma ce ne è dichiarata la sorgente, la scaturigine nello stesso Padre 

Dice Gesù: “Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore”. Qui, come dicevo, il Signore ci mostra la genesi alta dell’amore: il Padre, Dio. Sappiamo bene, lo afferma lo stesso evangelista Giovanni, che proprio lui è l’amore (“Dio è amore”), si identifica con l’amore. 

È bene riflettere sul precetto dell’amore, che anche qui vediamo ribadito. Non è innanzitutto un gesto che muove da noi; il suo principio, il suo originare dal Padre, dice innanzitutto che possiamo agire nell’amore perché ne siamo immersi; prima siamo amati, anzi foggiati dall’amore del Padre, così l’amore piò muovere azione circolare (non è tanto o solo reciprocità) ma un flusso generato dall’alto, da Dio 

Propriamente Gesù non dice che, come è stato amato, così ha imparato ad amare, piuttosto che da quell’amore si è generata una corrente che non ritorna immediatamente né sul Padre, né sugli amati discepoli, ma scorre dal Padre a Gesù, da Gesù ai cristiani, i quali, prima di riamare (lasciatemi dire) Gesù, devono fare correre (ecco il precetto) questo amore del Padre tra loro: è così che si rimane nell’amore del Signore. 

L’osservanza dei comandamenti di Gesù ci fa rimanere nel suo amore, proprio come è di lui nei confronti dei comandamenti del Padre, questo ci è anche detto perché (fonte di gioia) ne sia piena la nostra. 

Il comandamento di Gesù si compie nell’amore reciproco tra i discepoli, tra noi. Subito il Signore Gesù osserva che l’amore più grande è dare la vita per gli amici proprio come fa lui per noi che chiama, appunto, amici; non servi, ma consapevoli e partecipi del suo agire tanto che ci assicura: “Tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi”. 

Il comandamento, l’obbedienza, non paiono correnti nel pensare di oggi che è tutto teso all’autoreferenziale; qui il Signore Gesù ce lo offre addirittura a garanzia di gioia, che – tutto lo scorrere del discorso lo indica – ha un’origine sola e tanto alta che è nel Padre. 

Quanto sembra abbassamento, nell’osservanza del comandamento, è invece amicizia: compartecipazione ai grandi misteri di Dio, tutto è comunicazione di amore, la stessa natura del Padre non abbraccia solo il Figlio, ma tutti noi figli nel Figlio.

 

Don Giovanni Milani