RELIGIONI: DON GIOVANNI MEDITA NELLA QUARTA DOMENICA DOPO PENTECOSTE

È un ritaglio piccolo, di soli quattro versetti, quanto ci è offerto dalla liturgia di questa domenica, non di meno, la sua lettura potrebbe aprirci il vero senso della Legge (quella dell’AT non meno di quella morale e interiore ad ogni uomo) come ci aiuta ad intendere il Signore Gesù. 

Il tono vibrato e un po’ predicatorio dell’inizio ci ricorda che siamo nel discorso abitualmente chiamato del monte: il primo e più vasto dei cinque riportatici da Matteo, che ha pure un poco senso programmatico dell’intero annuncio del Signore. 

Gesù già ha affermato, in evidente risposta a polemica, di non essere venuto ad abolire la Legge o i profeti, a darne invece compimento come anche, proprio nel nostro brano, troviamo chiaro esempio. 

Era corrente tra i Farisei un’osservanza della Legge fatta di rigidità letterali, adempimenti materiali, senza arrivare al vero significato per cui – lo affermava la tradizione stessa – era dono di Dio per l’uomo. Il Signore mostra ripetutamente la grettezza dell’interpretazione solo formale che non coinvolga l’intimo, il cuore dell’uomo, fermandosi ad un’obbedienza ottusamente materiale. 

L’esempio che ci è dato riguarda il quinto comandamento, come siam usi dire o, secondo l’espressione antica, la quinta parola: il “Non ucciderai”. 

Gesù con una gradualità, più che altro apparente, legata ai livelli di giudizio del suo tempo, cerca di far riflettere, non tanto sui gesti e i fatti esterni, materiali, questi sono infatti solo l’esito di quanto sta nel profondo, nel cuore dell’uomo, piuttosto invece sulla sorgente interiore che è nell’ira, nell’avversione, nell’odio, nel desiderio di vendetta: in questi sentimenti già vive il male dell’omicidio. 

È poi assai interessante l’aggiunta che Gesù pone in riferimento all’offerta al Signore (non è certo da leggere come tema diverso) infatti il nostro agire con i nostri simili, nel pensiero di Gesù, coinvolge sempre anche il rapporto col Signore e, naturalmente, anche qui, è richiamata l’interiorità dell’offerente: non si ragiona sull’offerta nel suo valore o nelle modalità rituali, l’attenzione è volta all’orientamento interiore. 

Se vogliamo leggerlo, vive qui il grande insegnamento del Signore Gesù sulla concretezza dell’amore di Dio nell’amore del fratello, del prossimo; così non può essere elevata rettamente offerta al Signore, se il cuore non è disteso e in pace col fratello. Ecco: anzitutto la pacificazione con il prossimo, con il fratello, perché anche con Dio sia possibile l’offerta in comunicazione sincera e piena.

 

Don Giovanni Milani