Il brano del vangelo che in questa domenica ci è proposto è ancora tratto dalle estese narrazioni dell’ultima cena che ci sono offerte dal quarto vangelo.
I toni di tenerezza (“Figlioli (τεκνία), ancora per poco sono con voi”) che qui usa Gesù, ci dicono la forte tensione emotiva del Signore nella previsione della prossima fine della propria vita, mentre segna quasi l’affidare ai discepoli la propria eredità nel “comandamento nuovo”.
Il ritaglio liturgico si colloca immediatamente dopo l’annunzio del tradimento di Giuda. Il primo versetto infatti non inizia con le parole di Gesù come ci è dato dal nostro testo, ma con l’uscire di Giuda nelle tenebre con cui ormai si identifica. Lo sottolineo perché probabilmente ci aiuta a capire quel grido di vittoria del Signore: “Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato”.
Per il IV vangelo, l’innalzamento sulla croce è il segno della gloria, perché la croce è il luogo dove Gesù dichiara esistenzialmente l’amore: la realtà profonda di Dio.
Con l’uscita dal cenacolo di Giuda è iniziato il suo tradimento ma il Signore Gesù, non esclude Giuda dal suo amore, il suo tradimento diviene occasione d’amore, opportunità di vivere in totale pienezza l’amore. In certo senso, Gesù, già qui abbraccia la propria immolazione: accoglie la croce; dunque già dichiara quella gloria, epifania e compimento reale, dell’amore universale di Gesù e del Padre stesso.
Gesù rimane, come dice, “ancora per poco” con i suoi commensali e dove va è luogo loro interdetto (si tratta della croce-glorificazione) ma è la possibilità vera – per gli apostoli e per tutti i cristiani – di divenire veri discepoli.
Mentre si stacca dai discepoli, affida però loro il “comandamento nuovo”, non solamente appello, ma la sua stessa eredità: che si amino gli uni gli altri. L’evidenza e la dichiarazione al mondo dell’essere discepoli di Gesù è proprio questo amarsi gli uni gli altri, come lui li ha amati.
Qui capiamo la novità del comandamento rispetto alla legge del Testamento antico: l’amore di Gesù si propaga tra i suoi discepoli non semplicemente come impegno morale del singolo rispetto all’altro, ma come dono ricevuto in grazia e divenuto, ben oltre lo sforzo e l’affettività umana, realtà teologale.
L’amore dei cristiani, non è solamente la benevolenza che procede dal loro impegno e dalla loro volontà, è, ben di più il dono dell’amore di Dio, la comunicazione dunque della realtà stessa di Dio.
La novità del “comandamento” non è una formulazione diversa o particolare di una legge, è invece la comunicazione del dono e della stessa realtà di Dio che ci viene dal mistero offerto a noi nel Crocifisso risorto.
Don Giovanni Milani