La liturgia di oggi di riporta al discorso della montagna che il primo vangelo ci presenta come programmatico dell’azione del Signore Gesù che si rivolge alle folle accorse a lui.
Il nostro ritaglio esorta a riflessione sull’agire abituale per dare innanzitutto priorità a quanto lo merita: alla vita, più che al cibo, al corpo, più che al vestito; ben più poi ad innalzare la considerazione nel prestare fiducia alla cura, all’amore che Dio riversa sul creato e “molto di più per” noi uomini.
Avrei preferito al “non preoccupatevi” nella nostra traduzione del μὴ μεριμνᾶτε un’espressione più forte, come un “non affannatevi” che traduce lo stesso verbo in san Luca per Marta che, appunto, s’affanna per molte cose.
Gesù qui cerca di insegnarci, non certo a tralasciare impegno per la vita, ad abbandonare interesse in irenismo disincarnato, piuttosto a non lasciarci prendere dallo stress per ciò che non è essenziale per invece alimentare fiducia nell’azione del Padre che, come possiamo constatare dalle osservazioni che il Signore stesso ci suggerisce, provvede con attenzione, persino bellezza, pure a quanto può apparici minuto.
Il Signore Gesù sa bene che istintivamente l’uomo, nella sua paura di morire, crede di garantirsi la vita accumulando cose, beni materiali e ci induce a riflessione; lo fa con la finezza dell’osservazione contemplativa dell’azione divina sulle creature che si possono considerare di poco conto e rivelano appunto cura e persino bellezza.
Gesù pare farci invito a fermarci, a sostare quasi in considerazione contemplativa degli “uccelli del cielo che non seminano e non mietono, né raccolgono in granai” come è abituale impegno degli uomini e dei “gigli del campo che non faticano e non filano” forse in allusione al quotidiano lavoro femminile.
“Osservate”, dice Gesù, questa bellezza per farne misura su di voi “che valete di più” e non essere come i pagani.
La conclusione a superare l’affanno è nella fiducia, nella fede che si affida a Dio ricercandone “il regno e la sua giustizia”, allora tutto “sarà dato in aggiunta”.
Quanto è dato “in aggiunta”, evidentemente non sarà calato dal cielo a favorire la nostra ignavia, ma il nostro impegno lo gusterà già nello stesso frutto del proprio lavoro ricco delle opportunità che, al fine e sempre, gli sono offerte dalla provvidenza divina.
È la fiducia, la fede nel Signore, a sostenere visione serena, non affannata della vita cristiana.
Don Giovanni Milani