RELIGIONI: DON GIOVANNI MEDITA NELLA SESTA DOMENICA DI PASQUA

Lettura teologicamente intensa anche quella di questa domenica, che ormai abbiamo preso abitudine a trovare nei “discorsi dell’ultima cena”. 

Gesù che è prossimo a staccarsi dai suoi discepoli, ormai, nella brevità del tempo, non solo percepisce la tensione emotiva dei discepoli, lui stesso la vive. Ancora molto ha da comunicare di quel dono di cui è portatore dall’Alto, avverte però per il momento la fragilità spirituale dei suoi, fa però promessa dello “Spirito della verità”, a lui (l’altro Paraclito), sarà dato il compito di guidarli “a tutta la verità”, alla pienezza della comprensione del messaggio e del dono. 

In questa comunicazione lo Spirito darà gloria allo stesso Gesù perché: “prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà”, infatti “dirà tutto ciò che ha udito e vi annuncerà la cose future” (le “cose future” sono meno quelle che si compiranno nel tempo, quanto la realtà definitiva, escatologica). 

Qui Gesù parla – diciamo così – del ‘patrimonio comune’ al Padre e parimenti a Gesù Figlio (“Tutto quello che possiede il Padre è mio”), pure udito (dunque anche posseduto) dallo Spirito che comunicherà ai discepoli: il dono intimo, il tesoro nascosto di Dio sarà così rivelato dallo Spirito ai discepoli – e a noi – fatti robusti dal consumarsi del sacrificio redentore e resi così capaci di riceverne la grazia. 

I discepoli non percepiscono appieno il parlare del Signore Gesù, questa sua presenza ancora per poco e tra poco, il suo dire del salire “al Padre” e del suo nuovo giungere (nello Spirito). Alle loro richieste Gesù aggiunge che il tempo del suo non essere più loro presente in modo visibile, sarà passaggio doloroso: “in verità vi dico, voi piangerete e gemerete”, “Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia”, invece “il mondo si rallegrerà”. 

Accenna evidentemente al tempo del cammino della Comunità cristiana nella storia prima del ritorno risolutivo e finale nel “Suo giorno” (diciamo riprendendo parola dalla Scrittura) come tempo di testimonianza, anche dolorosa, alla quale applica l’immagine (più volte ritornante nella tradizione biblica già da Isaia e fin all’Apocalisse) del dolore e tristezza del parto che però ha esito splendente e glorioso della vita: il grande dono di Dio! 

Il cammino nel tempo è, in Cristo, storia felice di salvezza e – per il discepolo nella sua perseverante testimonianza – non può che avere esito fausto: ecco allora la “gioia” dell’incontro finale e definitivo (“e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia”) la felicità della vita in Dio, della vita eterna.

 

Don Giovanni Milani