IMU SU FABBRICATI EX RURALI:
TASSA CONTROPRODUCENTE
MA I COMUNI POSSONO RIDURLA

LECCO – Siamo a una scadenza Imu particolarmente dolorosa che cade al termine di una grave emergenza e in momento di pesanti difficoltà. Gli ex fabbricati rurali sono stati assimilati a immobili in grado di produrre reddito ma le tante baite, spesso ereditate, non producono nella maggior parte dei casi alcun reddito né ne hanno la potenzialità. I proprietari sono dunque indotti a sospendere qualsiasi intervento manutentivo e così aumentano i casi di fabbricati deliberatamente scoperchiati per poter evitare la tassa (che sui ruderi, almeno, non si applica).

In questo modo si perde in modo irrimediabile un patrimonio che, come dimostrano tante iniziative, può essere reso funzionale a nuove attività agricole e turistiche e che rappresenta comunque un patrimonio culturale, una testimonianza che non può essere dispersa così. Ne deriva poi un grave danno al paesaggio che è anche una risorsa per il turismo. I ruderi non abbelliscono. Quello che i Comuni incassano oggi lo perdono domani.

“In attesa che qualche governo abbia il coraggio di rivedere la materia – spiega Michele Corti, zoologo dell’università di Milano e ruralista – sono i Comuni, destinatari dell’incasso, a poter fare qualcosa, riducendo al minimo l’aliquota come fatto a Grosio, in Valtellina, o ad Edolo, in val Camonica”. Attivista impegnato sui temi della cultura di montagna senza complessi di inferiorità, Corti approfondisce il tema a questo link.