LECCO – Correva l’anno 1995 (dunque, giusto tre decenni fa) quando nasceva la tanto attesa Provincia di Lecco. primo presidente fu Mario Anghileri – dal 9 maggio ’95, riconfermato nel 1999 anche per il mandato amministrativo successivo. In occasione delle elezioni amministrative del 2004 viene eletto presidente della Provincia Virginio Brivio che, col sostegno del centrosinistra, ottiene il 56,5% dei voti al primo turno.
Con Brivio – successivamente sindaco di Lecco per due mandati consecutivi – parliamo di quella “nuova” Provincia, delle aspettative e di quanto s’è fatto nel frattempo. Arrivando al giorno d’oggi con qualche scricchiolio e la richiesta di “secessione” da parte di una delle cittadine più popolose del lecchese.
C’era una volta una Provincia unita frutto di grande lavoro. 30 anni fa nasceva un sogno: ci traccia un ricordo di quei tempi e del periodo alla presidenza di Villa Locatelli?
Quando ricordo i tempi della presidenza e prima ancora quando sono stato assessore per una decina d’anni alla Formazione professionale e per qualche mese anche all’Istruzione e ai Servizi alla persona, ecco penso che quel moto che ha portato a costituire la Provincia sia ancora tutt’oggi valido; l’aver avvicinato i livelli di governo al territorio ha consentito di rappresentare meglio le esigenze un po’ ai livelli superiori, Regione, Stato o Unione Europea quando s’è trattato, ad esempio, della ristrutturazione del monastero del Lavello di accedere a un finanziamento europeo in maniera diretta. Su un’area più vasta come era quella di Como, sarebbe stato difficile conseguire risultati importanti, non solo sulle sfide infrastrutturali, ma pensiamo al Politecnico: Como ha perso questa importante occasione pur avendo vicine altre università, come l’Insubria. Noi l’abbiamo saputo capitalizzare e creare un polo di ricerca sulle tematiche riabilitative, non solo legate all’Ateneo, ma anche al CNR, alla Nostra Famiglia, al Valduce, all’Irca di Casatenovo, all’Osservatorio Astronomico di Merate… Un esempio per dire di come l’avvicinamento del potere decisionale, quindi quella spinta che il sistema Lecco può con di volta in volta diversi che guidavano questo processo, a volte la Camera di Commercio, a volte la Provincia, a volte il Comune capoluogo, a seconda un po’ delle situazioni, ma certamente con una convergenza sul fatto che una maggiore rappresentazione dei bisogni territoriali sia estremamente importante.
Secondo, questa identità non ci ha risparmiato di fare anche alleanze con altre realtà vicine alla provincia, la stessa Lecco-Bergamo, al netto di quelli che sono oggi i problemi, è nata da un accordo di programma interprovinciale tra le province di Lecco e Bergamo, seppure di colori diversi.
Alcune opere legate alla alle arterie che percorrono il Lecchese sono state frutto anche di accordo con la provincia di Sondrio che è intimamente legata in generale con un sistema viabilistico fluido a sud da Lecco verso il sistema autostradale, verso gli aeroporti: è un beneficio per la Valtellina, per i suoi collegamenti con la Svizzera e con tutte le altre destinazioni.
Oggi però c’è qualche “crepa” nel celebrare questo primo trentennio, tra chi vorrebbe “riannettere” Lecco a Como e chi pensa di traslocare verso la Valtellina. Qualche considerazione su queste manovre, dentro e fuori la provincia.
Quello di 30 anni fa non è stato secondo me un momento vano, una frammentazione, ma un capitalizzare meglio un rapporto tra livelli di governo e appunto capacità di intercettazione dei bisogni territoriali, di fare sintesi e quindi per tornare alla domanda le manovre che in questo momento sono dentro e fuori la provincia appaiono assolutamente incomprensibili e anche, come dire, irricevibili. Nel senso che non esiste che – con tutto il rispetto – un amministratore di un altro Comune ponga una questione di avvio di una procedura senza un minimo di analisi, magari di quelli che sono stati i risultati rispettivamente conseguiti da Como e da Lecco, di quelle che sono le sfide eventualmente comuni. Su Lecco nuovamente con Como c’è la sensazione di una “boutade“, forse più seria la vicenda di Colico: ma è pensabile fare tutto “in proprio”, senza nemmeno consultare i propri cittadini con la scusa di demandare tutto alla Regione?
Certamente con Colico si pone un problema un po’ inedito, nel senso che mentre il distacco di Torre de’ Busi alcuni anni fa in fretta e furia dopo una vicenda come quella delle riforme delle province, poteva in qualche modo vedere un ritorno alla provincia di Bergamo, in questo caso sarebbe un po’ una cosa innaturale – perché se è vero che i flussi, come dire, non solo di Colico ma di quella zona, sono anche verso la Valtellina, questi sono anche di altro tipo.
Certamente però, questo fatto di un trasferimento in una nuova provincia pone un un problema, sostanziale, anche alla Provincia di Lecco. In questo senso le ragioni che anche lo studio pone, legate esclusivamente o quasi alle dimensioni economiche appetibili che questo trasferimento comporterebbe, mi sembra che siano da controbilanciare con questioni di tutt’altre dimensioni, magari non di tipo economico immediatamente (quindi non tanto di flussi di risorse, ma di servizi, pensiamo a quelli sanitari, a quelli sociali, alla ottima organizzazione che la Comunità Montana ad esempio, ha fatto), che allontanerebbero i residenti di Colico da questo territorio.

Quindi, in qualche modo mi sembra che il punto di partenza del comitato e dello studio, e mi pare di capire anche dallo stesso Comune – visto che sta emergendo in questa settimane da dichiarazioni esplicite sia del municipio che del comitato che è stato un po’ il Comune a consigliare al comitato quella strada e quindi in qualche modo condividendo questa ipotesi – sia quello della petizione rispetto ad una strada maestra di un referendum.
Ecco, quello che sta alla base è semplicemente l’opportunità di avere maggiori risorse economiche che sono importanti ma non sono tutte per la vita, perché spesso l’erogazione di servizi, far parte di determinati sistemi, anziché di altri, anche questi hanno un valore economico.
Insomma, questa “secessione” di Colico è una faccenda assolutamente seria.
È così seria che io penso sia apprezzabile quello che la Provincia ha fatto di approvare un documento nel quale, prendendo atto di non essere stata interpellata né dal Comune, né dal comitato, ha posto nell’ordine del giorno una serie di questioni e soprattutto ha dato una disponibilità ad affrontare quelle che sono le ragioni, quindi mi sembra (e mi spiace che sia stato interpretato invece quasi come un’invasione di campo) un atteggiamento di attenzione. Perché se è vero che formalmente il provvedimento è di natura regionale, insomma ti distacchi da un’entità di cui stai facendo parte, che sta facendo anche delle azioni – per l’amor di Dio perfettibili, migliorabili – però sul tuo territorio, dalle infrastrutture alle scuole al turismo alla gestione di determinati servizi e via dicendo e addirittura sembra quasi un fastidio che l’ente Provincia si esprima.
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Ripeto, secondo me questo è un gesto di attenzione che la Provincia in qualche modo ha fatto, tenuto conto che non c’è stata un’interlocuzione né istituzionale né col comitato. Ricordo peraltro che l’ordine del giorno approvato dal consiglio all’unanimità pone nelle parti proprio sostanziali e finali una disponibilità a un’interlocuzione col Comune e col comitato, per capire le ragioni che sono al fondo di questo tipo di operazione. Questo è un primo livello.
Il secondo, che francamente mi sembra più una furbizia che non un rispetto della legge, è quello di bypassare la logica referendaria con ragioni giuridiche, economiche a favore invece di una petizione.
Teniamo conto che nel programma elettorale di questa amministrazione non mi risulta che ci fosse questo distacco e che il tema della petizione è molto più debole dal punto di vista del coinvolgimento dei cittadini, perché non dà quella discussione tra tesi diverse e non dà anche quella riservatezza del voto che è presupposto anche per una libertà di di formazione del proprio pensiero – che secondo me, oltre a essere previsto dallo statuto del Comune di Colico e da un regolamento che tra l’altro attribuisce a una commissione precisa composta non dalla parte politica, ma dal segretario comunale, dal responsabile dell’ufficio elettorale del Comune e dal difensore civico, l’ammissibilità o meno del referendum, si è preferito attribuire questa “risposta negativa” solo a un approfondimento tra sindaco e segretario. Personalmente, non sono un giurista ma non mi sembra che sia stato rispettato quello che lo stesso regolamento del Comune in qualche modo propone.
Dire che poi saranno gli altri enti superiori a decidere mi pare un esercizio dal punto di vista delle leggi formali, però penso che sia da tenere conto di un “tempo di approfondimento” e di strumenti di approfondimento come sono quelli referendari, per poter esprimere compiutamente una propria opinione da parte dei cittadini.
E ripeto, l’avrei messa anche dentro un percorso di confronto con l’attuale Provincia – nel senso che, lo dico anche nel caso in cui il percorso per X ragioni non vada avanti, nel percorso di passaggio verso la Valtellina si rischia di buttar via un po’ di elementi di approfondimento, di criticità, le richieste specifiche di attenzione: dall’infrastruttura alla sicurezza, ai trasferimenti monetari, a tutto quello che è necessario che verrebbe vanificato magari da un risultato negativo al trasferimento.
Se non c’è stata un’interlocuzione prima, il rischio è che tutto continui un po’ come come è stato finora. Ecco, avere invece attivato un’interlocuzione anche serrata su quelle che possono essere le buone ragioni, le osservazioni critiche e le proposte, sarebbe stato un elemento favorevole per tutti.
Infine, sempre su Colico, quella cittadina ha avuto molto anche economicamente da Provincia e Comunità Montana VVVR. Corretto “scappare” così?
Non so se Colico ha avuto tanto o poco, o ha avuto sufficientemente rispetto alle attese. Penso che se facciamo questa domanda nessun Comune della provincia può dire di aver avuto completamente le risposte che si aspettava; però attenzione che non è un problema della Provincia di Lecco, ma in generale della crisi che da decenni stanno vivendo gli enti locali – subissati da tante richieste dei cittadini, da tante necessità di investimenti e di manutenzioni.
Io non penso neanche che la Provincia di Sondrio sia così l’Eden dove tutto è possibile. Su Colico ci sono stati investimenti importanti anche sul polo scolastico, sui servizi alla persona, ci sono delle potenzialità sul fronte turistico dentro il sistema del Lago di Como che è più coerente con la storia di Colico rispetto a una dimensione più montana, tipica della Valtellina.
Però in qualche modo il sistema in quanto tale e i rapporti con le comunità montane e con la Provincia sono sicuramente migliorabili, ma non si può certo dire che Colico sia stata abbandonata: vive come tutte le situazioni un po’ “di frontiera”, ma è una frontiera che non viene risolta con lo spostamento di un confine amministrativo attivo, nel senso che ha delle tensioni, ha delle necessità che sono ben superiori al numero di abitanti, perché è un crocevia di flussi di strade, di turisti, di lavoratori, di pendolari; quindi certamente ci vuole un’attenzione specifica, a partire dal tema delle infrastrutture e della sicurezza, però certamente la risposta è quella di una maggiore sinergia territoriale per avere anche dei livelli superiori, magari risposte adeguate. Se c’è un problema di sicurezza bisogna fare in modo, ad esempio, che ne so, che la caserma dei Carabinieri diventi un presidio H24 rispetto alla situazione odierna, oppure che determinate infrastrutture vengono considerate prioritarie.
Penso che sia un tema estremamente legittimo e che vada portato non tanto a Sondrio, ma a Milano, a Roma, vada portato nelle sedi competenti. E poi, una considerazione: i flussi più significativi anche dal punto di vista del tessuto manifatturiero che è ancora molto forte a partire dall’area del polo industriale, ma non solo guardano più verso il sistema autostradale, verso il sistema a sud di Milano. Lo dico perché oltre alla Monte Piazzo, la fluidificazione verso il sistema delle tangenziali, anziché verso la incompiuta ormai ventennale Lecco-Bergamo, sono risultati assolutamente importanti anche per una realtà come quella dell’Alto Lario (e come quella della Valtellina).
Forse su questo bisognerebbe fare maggiori azioni non “localistiche” ma di sistema, per poter dare risposte adeguate ai bisogni di un territorio.
Direttore resp.le
Lecco News
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