“ASSOCIAZIONISMO COATTO”, ALLARME NEI COMUNI: SCATTA L’INTERVENTO DEI PREFETTI?

francesco pintoLECCO – L’allarme lo lancia l’Asmel – Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali, che segnala in una nota del presidente Francesco Pinto il pericolo di intervento dei Prefetti sul cosiddetto “associazionismo coatto” – ovvero l’obbligo imposto dallo Stato ai piccoli Comuni di associare tra loro tutte le funzioni fondamentali (Polizia Locale, scuolabus, rifiuti, ragioneria e così via). Con tanto di commissariamento per quegli enti locali che non rispettano l’imposizione.

In realtà, alla scadenza prevista e non prorogata del 1° gennaio 2015 erano ben pochi in assoluto, pressoché nessuno nel Lecchese, i Comuni “in regola”. Il che dovrebbe fare scattare l’improbabile azione di commissariamento appunto per migliaia di Comuni.

Sul tema, ecco una lunga ma interessante nota dell’ASMEL:

Il Governo ha deciso di non concedere ulteriori proroghe al termine di scadenza, fissato al 1 Gennaio 2015, dalla norma che impone l’esercizio obbligatorio in forma associata di tutte le funzioni fondamentali dei piccoli Comuni.

Il Ministero  degli Interni ha  emanato la Circolare  n.  323 del  1 2  Gennaio  u.s.  per sollecitare i Prefetti all’esercizio  dei poteri  sostitutivi  loro conferiti  dalla  legge  135/2012, art19, comma 31 quater  (in allegl). Senza rendersi  conto  che la norma sinora, malgrado  continue modifiche e proroghe, non ha trovato attuazione semplicemente perché concepita e scritta male da chi ha dimostrato  di non  conoscere  nulla  della  realtà  comunale.  Inoltre, essa si pone in contrasto con il principio di autonomia dei Comu ni e con il principio di ragionevolezza,   posti   da  sempre    alla   base   del   nostro    diritto   costituzionale.
Ancora,  la  norma  non produce risparmi, ma  maggiori  costi  come   dimostrano i seguenti dati, fonte ISTAT Report bilanci consuntivi 2012 delle amministrazioni comunali:

COMUNI SPESE in mln €/ab.
Fino a 5000 abitanti    8.776    852
Da 5.001 a 10.000    5.816    692
Da 10.001 a 20.000    6.852    714
Da 20.001 a 60.000    10.190    767
Totalefino  a 60.000    31.634    760
Oltre 60.000    22.550    1.256
TOTALE    54.303    910

dai quali si evince che il funzionamento dei Comuni è costato nel 2012  circa  54 miliardi  di euro, con una spesa per abitante pari a 910 euro, e che quella dei Comuni che si vorrebbe accorpare è inferiore alla media nazionale del 6,4%. Viceversa, nei Comuni più grandi la spesa pro capite supera del 38% quella  nazionale  ed addirittura  del  65% quella  dei Comuni sotto i 60.000 abitanti. In sostanza, se si riuscisse ad allineare i costi dei comuni maggiori a quella dei Comuni più piccoli, si risparmierebbero 14,4 miliardi (65%  di  22.550  milioni).  Se, invece, fosse possibile imporre ai Comu ni sotto i 5.000 abitanti di allinearsi alla media nazionale, si determinerebbero maggiori costi pari a 562 milioni (6,4% di 8.776  milioni).  Né  si  può obiettare che a fronte di costi minori, essi eroghino minori servizi. I piccoli comuni risultano virtuosi perché, malgrado le ridotte risorse, sono caratterizzati da uno stretto “controllo sociale”    atto,  ad  esempio,  ad    evitare  le  vicende  dei  vigili  capitolini  di  fine  anno  ed a raggiungere risultati nella raccolta differenziata impensabili nelle grandi città. Inoltre, sono caratterizzati da una genuina rete di volontariato che assicura interventi nel sociale, nella protezione civile ed in tanti servizi alla cittadinanza. Ad essa va aggiunto il contributo di quegli autentici volontari che sono gli amministratori comunali che in forma praticamente gratuita presta no la propria opera, assumendosi anche responsabilità che, nei comuni più grandi, sono in capo ai dirigenti comunali.

In base alle nostre previsioni, i Prefetti rischiano, pertanto, di nominare diverse migliaia di Commissari, destinati a  tornare  a  casa  a  mani  vuote.  Per  evitare  inutile  spreco  di  risorse pu bbliche, riteniamo doveroso inviare il presente documento anche a tutti i Prefetti della Repubblica nello spirito  di leale  collaborazione  che  dovrebbe  improntare  sempre  i rapporti tra pubbliche amministrazioni. ASMEL, in perfetta sintonia con ANPCI, unica Associazione rimasta a difendere strenuamente gli interessi dei piccoli Comuni, ha da sempre sostenuto che la norma è inapplicabile ed incostituzionale. Nel corso dell’Assemblea del 9 maggio scorso ha deliberato di assumersi l’onere finanzia rio e legale per assistere i Comuni interessati  al ricorso “incidentale” da proporre davanti alla  Corte  Costituzionale.  Resta  inteso  che il supporto gratuito ASMEL è assicurato non solo ai Soci di primo livello, ma anche a quelli di secondo livello iscritti ad ANPCI. L’alleanza tra le due Associazioni è fondata, oltre che sulla condivisione convinta degli stessi principi, anche su una chiara distinzione di compiti. ANPCI è fortemente impegnata nella rappresentanza e difesa degli interessi dei piccoli Comuni in ogni sede istituzionale, mentre ASMEL è sorta per perseguire i principi dell’Associazionismo di servizio rivolto ai Comuni medi e piccoli, in egual misura coinvolti da incessanti innovazioni normative,    organizzative    e   tecnologiche.    Associazionismo    declinato    nel   rispetto dell’autonomia e della sussidiarietà e basato su un coinvolgimento dei Soci attraverso u n modello cooperativo, mai invasivo o prescrittivo. Si tratta di un modello che ha trovato da sempre ampia applicazione nei servizi telematici e, recentemente, in quelli di e-procurement producendo semplificazione  e risparmi nei Comuni associati.

ASMEL ha programmato una grande manifestazione a Napoli nell’ultima  decade di  febbraio per promuovere una class action delle autonomie locali contro la nefasta norma sull’accorpamento coatto dei piccoli Comuni. Saranno presenti anche i rappresentanti nazionali di ANPCI, mentre non possiamo far altro che rivolgere un retorico invito alle altre Associazioni nella ferma convinzione che uniti si vince. Sappiamo bene, però, che esse sono ormai tutte appiattite sulle posizioni di ANCI, a sua volta appiattita sulle esigenze dei grandi Comuni. Non c’è incontro con il Governo nel quale non appaiano delle grandi realtà metropolitane  quasi a marcar stretto i vertici ANCI.

Il 4 settembre scorso, fonte ANSA, apprendiamo che: Partirà all’inizio del prossimo anno, a livello nazionale, una campagna per creare unioni o fusioni di Comuni italiani per creare realtà più grandi nell’ambito della riforma che porterà alle città metropolitane. Lo ha annunciato il sindaco di Torino e presidente dell’Anci, Piero Fassino, intervenendo questa sera alla Festa Democratica  Metropolitana  di Torino del Pd  torinese. “Questa è la strada  che dovremmo seguire – ha aggiunto  – anche se sarà  complicato  e ci vorranno strumenti  idonei. Per le prossime elezioni nazionali  del  2019,  a  mio  avviso, sarebbe 9iusto  scendere  da9li  8.000  Comuni  italiani  a 2.500 azzerando i Comuni con meno di 15.000 abitanti. Verrà cambiato l’assetto del Paese”.

Immediato lo sconcerto dichiarato da ANPCI e da ASMEL. Qualcu no deve aver spiegato a Fassino che, nei sistemi democratici, non si usa che un Presidente di una Associazione propugni l’azzeramento dei propri associati e per tutta risposta, il comunicato, è stato cancellato dal sito anci.it Peccato che difficilmente potrà essere cancellato dal sito dell’Ansa, da quello di Google e dalla memoria delle migliaia di Sindaci da azzerare. Sappiamo bene che la nostra appare come una battaglia di retroguardia atteso che tutti i partiti di maggioranza e di opposizione, ivi compreso il movimento 5 stelle e financo l’ANCI, la pensano diversamente.
Sappiamo pure che chi vive la realtà dei piccoli Comuni sa che siamo nel giusto.