BOLLETTE/”L’AUMENTO ACQUA
E LE SUE CONTRADDIZIONI.
GLI UTENTI PERDONO SEMPRE”

Il comunicato del presidente dell’ATO di Lecco apparso sulla stampa in questi giorni, merita un commento. Il fatto che per un quinquennio le tariffe siano state più o meno stazionarie non è un motivo per aumentarle se i costi non sono aumentati. Giustificare gli aumenti tariffari con la necessità di finanziare gli investimenti, è prassi comune che conta sul fatto che la maggior parte degli utenti non sa come funzione il sistema.

Il finanziamento degli investimenti è una cosa diversa dal loro costo. Il finanziamento è la modalità di pagamento degli investimenti in tempi brevi e si realizza con i mezzi della società, se disponibili, o con il ricorso, sempre da parte della società, ai normali strumenti finanziari che diluiscono nel tempo nel tempo il pagamento, mentre il costo è la suddivisione nel periodo di vita utile dell’investimento, cioè il periodo in cui si ritiene possa utilizzato, che può arrivare anche a 40 anni. Quest’ultimo deve essere addebitato all’utente.

Reperire i 568 milioni indicato dal presidente di ATO, da verificare, è un onere esclusivo del gestore del servizio (LRH) non dell’utente. Peraltro, i 568 milioni di investimento si riducono per effetto dei contributi a fondo perduto, compreso il P.N.R.R., che riducono l’esborso da parte del gestore in quanto non dovranno essere rimborsati, e quindi dovrebbero anche ridurre il costo per l’utente.

L’ingegnosità però del Metodo Tariffario per l’idrico, ideata da ARERA, l’Autorità di regolazione dei servizi pubblici, è stata quella di inventare un modo per addebitare all’ignaro utente anche il contributo a fondo perduto, anche se ne prende le distanze lasciando all’ATO la responsabilità di addebitarlo all’utente o meno. Ovviamente l’ATO di Lecco la applica e, dal 2023 vale oltre 5 milioni di euro, circa l’8% della tariffa che aumenta del 5,5%, potrebbe, quindi, al contrario, diminuire.

La stessa incongruenza, sempre in relazione al finanziamento degli investimenti, è quella di considerare il reinvestimento degli utili un contributo alla riduzione delle tariffe. Anche questo è falso. Il reinvestimento degli utili, sul piano tecnico e sostanziale, è una forma di finanziamento da parte dei soci che non riduce il costo per l’utente ma aumenta il valore patrimoniale della società e, quindi, anche quello di ogni Comune socio. Perché l’utile produca effetti positivi per gli utenti ci sono solo due condizioni: non deve essere realizzato o deve diventare una sorta di contributo a fondo perduto e, questo, ritengo, sia stato l’intendimento del comunicato richiamato.

Richiesta che, peraltro, è fondata.
Poiché la legge impone il Full Cost Recovery – mi scuso per l’inglesismo ma ormai è entrato nel linguaggio comune – che significa la copertura integrale dei costi del servizio attraverso la tariffa, e deve escludere i costi, che non sono tali o non sono inerenti il servizio.

Un costo non inerente il servizio, ad esempio, ma ce ne sono parecchi altri, è quello del bonus idrico per gli utenti in condizione di disagio sociale ed economico che dovrebbe essere a carico dei Comuni in quanto è compito dello Stato, come prevede la Costituzione, rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale. L’inserimento in tariffa, come sottolinea, quasi facendone un vanto, il presidente dell’ATO, trasferisce agli utenti il costo sociale a carico dello Stato, perchè è un aumento, pur improprio, della tariffa. È una forma di fiscalità occulta perchè gli utenti non lo sanno.

L’altra enorme contraddizione, dovuta al fatto che i servizi sono gestiti in regime di monopolio naturale è il conguaglio, negli anni successivi, per i maggiori o minori costi del servizio. Questo consentirà a LRH di non chiudere in perdita, come molti preannunciano, a causa dei minori consumi per la siccità o dei maggiori costi dell’energia perché, nel prossimo aggiornamento tariffario, quello per il periodo 2024-2025, la presunta perdita sarà addebitata agli utenti con un aumento, ulteriore, della tariffa.

Vorrei ricordare, inoltre, al presidente dell’ATO che il piano tariffario non dovrebbe essere predisposto in sinergia con il gestore avendo interessi diversi dall’utente ed il suo costo, anche questo, pagato, sempre con l’inclusione in tariffa, dagli utenti. L’ATO dovrebbe essere autonomo ed indipendente nelle sue valutazioni e decisioni.

Quelli che perdono sempre, e comunque, sono solo gli utenti, cioè le persone, le famiglie e, anche le imprese del territorio.

Quando le Istituzioni cominciano a farsi carico dei problemi dei cittadini? Dovrebbe essere la loro funzione?

Remo Valsecchi, cittadino

 

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