CASTELLO DI ROSSINO E DIMORE STORICHE PER L’ECONOMIA DEL TERRITORIO

CALOLZIOCORTE – La tutela delle dimore storiche e la loro valorizzazione nel contesto territoriale, per cui queste producono indotto, sono stati i temi al centro dell’incontro di martedì 10 al Castello di Rossino, che è stato location e insieme oggetto dell’evento.

L’immobile, di proprietà della famiglia milanese dei Lozio dagli anni ’60, è attualmente in mano a Lisa Lozio, che da circa vent’anni organizza eventi, in particolare matrimoni, nella location che domina la Valle San Martino.

L’evento è stato introdotto da Alessandro Gosztonyi, vicepresidente dell’Associazione Dimore Storiche Italiane; nel suo intervento, Gosztonyi ha evidenziato la necessità di incentivi per un settore chiave per l’economia: “Le dimore storiche sono imprese culturali, che portano ricchezza su territorio. Il 54% di esse, nella Penisola, si trova in comuni al di sotto dei 20mila abitanti; con incentivi, circa altre 20mila dimore aprirebbero al pubblico, portando il totale ad oltre 30mila. In Italia, il valore e il potenziale delle dimore storiche non sono ancora riconosciuti appieno, queste vengono considerate beni di lusso per i loro proprietari e non fonte di guadagni per il luogo in cui sono; in più non esistono bandi regionali europei per i privati, che porterebbero un importante indotto su territorio come sta facendo il Castello di Rossino”.

A fare eco alle parole di Gosztonyi l’esperto in Dimore Storiche legate all’ospitalità e turismo Gaddo della Gherardesca: discendente di una famiglia proprietaria di una villa a Bolgheri, nella Maremma toscana, della Gherardesca ha sollevato la questione del sostegno da parte delle amministrazioni locali e, più in grande, del miglioramento delle infrastrutture come quelle dei trasporti, che favoriscano la fruizione di questi beni ai turisti.

Le difficoltà nel mantenere una dimora storica sono numerose: “Negli anni più recenti – ha ricordato – stanno nascendo società di gestione che alleviano i proprietari di parte degli oneri di tali beni; è necessario rendersi conto del fatto che i proprietari difendono e mantengono un’attività che dà lavoro a una serie di persone”. La donazione del bene immobile al Fai, che potrebbe essere vista come una “scappatoia”, è in realtà un’alternativa che richiede, oltre alla cessione, una quantità di denaro importante per il suo mantenimento futuro, per cui non semplice e men che meno gratuita.

“Il Lario, in particolare il ramo di Lecco, ha potenziale turistico, ma deve essere più cosciente del fatto che, oltre al turismo più low-cost come campeggi e piccoli alberghi, un’hotellerie all’altezza dev’essere trainante perché attrae un pubblico alto spendente”, ha concluso.

A prendere la parola è stata poi Lisa Lozio, organizzatrice di eventi che ha ereditato il Castello dai genitori e di cui ne ha narrato il “viaggio”: “Ereditare questo castello per me è stato un onore, ma anche un onere. I miei genitori vivevano a Milano ed hanno acquistato questo immobile negli anni ’60; l’edificio da lì è stato riqualificato in più momenti, e da poco più di vent’anni è stato adibito a location per eventi. Inizialmente per feste private e aziendali, il mio business si è poi spostato sui matrimoni, per i quali ho seguito corsi di wedding planning e marketing e per cui continuo a studiare ogni giorno”.

Lozio ha voluto dare un nuovo punto di vista sulla sua occupazione: “Nell’immaginario comune, i proprietari di dimore storiche sembrano solamente persone fortunate con un facile impiego; io voglio sottolineare che ho lavorato duramente per anni per poter avviare quest’attività, e che ho fatto molta esperienza sul campo oltre allo studio”.

Sulla clientela più ambita, chiarisce: “Negli ultimi anni sono prevalentemente alla ricerca di clienti stranieri, poiché, a differenza degli italiani che non restano al castello per più di una giornata, questi tendono a fare un soggiorno esteso e spesso in gruppi, portando un maggiore indotto anche per il territorio circostante. Oltre ad arabi, indiani ed asiatici, il caso più singolare è stato quello di una coppia proveniente dall’isola di Guam, nel mezzo del Pacifico, che ha davvero gradito l’esperienza al castello”.

“Tutti gli incassi – ha concluso Lozio – dell’attività di ospitalità del castello sono reinvestiti per il restauro del borgo che lo circonda. Il prossimo progetto sarà l’apertura di un agriturismo di alto livello, per sviluppare una realtà alternativa per il turismo che stiamo attirando sul ramo di Lecco”.

A concludere il convegno l’intervento di Fabio Dadati, consigliere delegato al Turismo della Camera di Commercio di Como-Lecco; Dadati ha riportato l’esempio di Villa Erba a Cernobbio, che negli ultimi anni si è aperta al fenomeno matrimoni ed è passata dai 4 milioni di euro di fatturato di due anni fa ai 22 milioni previsti per quest’anno. Nella location, il consigliere ha sottolineato la forte presenza di clientela asiatica e russa con una grande disponibilità di spesa, che può arrivare a superare i 400mila euro per un singolo matrimonio.

Villa Monastero a Varenna – ha poi ricordato – sta sviluppando l’opzione matrimoni con la stessa logica, nell’ottica di aumentare i ricavi per mantenere e migliorare la struttura. Il turismo internazionale, fenomeno sbarcato anche nel lecchese, ha bisogno di strutture per matrimoni: il Castello di Rossino per questo è fondamentale, perché nella città di Lecco non c’è una villa adibita per ospitarli”.

Dadati ha concluso sottolineando la necessità di “comunicare che la realtà del Castello di Rossino vive ed è forte e che sostiene un turismo di qualità strettamente connesso alla cultura, con la valorizzazione del territorio in cui è immerso”.

Michele Carenini