DON GIOVANNI MEDITA NELLA DOMENICA ALL’INIZIO DI QUARESIMA

Siamo consueti, all’inizio della Quaresima, ci sia posta a riflessione proprio questa pagina del vangelo delle tentazioni del Signore. Forse è subito bene ricordare che nella precedente il Signore Gesù, mischiandosi ai peccatori, si era sottoposto al battesimo di Giovanni nell’evidente segno di assumerne, in quell’immersione, il carico e ricevendo il compiacimento, luminoso nello Spirito, che con la voce del Padre lo dichiarava: “Figlio mio, l’amato”. 

Il Figlio di Dio, anche figlio dell’uomo, è “condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo”. 

Il deserto lo conosciamo bene come luogo particolare di prova, sia nei quarant’anni del popolo ebraico, sia in questi quaranta giorni di Gesù: prova con esiti diversi. Ma il deserto è anche luogo di incontro con Dio, pensiamo all’esperienza di Mosè o a quella di Elia (i testimoni della trasfigurazione di Gesù). 

Il tentatore, il diavolo, il divisore subito e ripetutamente vuole mettere a prova il “Figlio di Dio” con tentazioni che sono anche umanissime: la prima, la fame generata dal tanto prolungato digiuno, poi la grandezza divina a proprio servizio e il dominare, il potere nelle sue infinite manifestazioni e manipolazioni. 

Ricordiamo anche che il mettere in dubbio la figliolanza divina di Gesù ritornerà diabolicamente negli insulti sotto ala croce: “se sei il figlio di Dio scendi dalla croce”. 

Ma soprattutto le tentazioni del deserto richiamano il cammino antico ed emblematico degli israeliti prossimi alla Terra della promessa e della libertà. Se il profeta Osea dichiarava in oracolo: “dall’Egitto ho chiamato mio figlio”, Matteo (2,15) ne riprendeva letteralmente l’espressione per il rientro dall’Egitto della santa Famiglia. 

La prima tentazione richiama più marcatamente quella antica della manna, anche per noi, sempre in cammino verso il Signore come il popolo antico, c’è bisogno materiale quotidiano che però – ricordiamo il Padre nostro – non ci è dato nel solo materiale. Nella seconda tentazione – dove Gesù è trasportato ἐπὶ τὸ πτερύγιον τοῦ ἱεροῦ “sul punto più alto del tempio” che nell’originale suona sulla piccola ala, (allusione all’essere sotto l’ala, la protezione divina) – la tentazione di Gesù, del popolo antico e nostra, è di poter manipolare Dio, avere a disposizione il Padreterno, per l’eventuale favore miracoloso, senza vero impegno di fede, Gesù: “Non metterai alla prova il Signore tuo Dio”. Quello del potere è il terzo tentativo di dare inciampo al Signore. Ma ci accorgiamo anche quanto sia attuale per ciascuno di noi tanto è sempre stato desiderio, forse di ogni uomo in svariatissima modalità il dominare, l’avere disponibilità illimitata. 

Gesù ci riporta al centro: “Il Signore tuo Dio adorerai”. Mi richiama la saggezza di Qoelet che abbiamo appena finito di leggere nella liturgia di questa settimana: “Conclusione del discorso, dopo avere ascoltato tutto: temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché qui sta tutto l’uomo”: non è tanto la grandezza di Dio che suggestiona a “timore”, ma è il limite, l’esiguità dell’uomo che ha da affidarsi, proprio come ci suggerisce la Chiesa con l’esercizio quaresimale. 

 

Don Giovanni Milani