Ha vinto. Non c’è che dire. Giacomo Zamperini ha vinto, e tutto il centrodestra, per converso, ha perso. L’operazione “terra bruciata”, che questa testata vi ha anticipato da oltre un anno, ha dispiegato tutti i suoi effetti. Ogni passaggio ne è una riprova. Da Linee Lecco, quando si aiutò Gattinoni a togliere le castagne dal fuoco, fino alla Comunità Montana, paralizzata dall’asse rosso bruno per mesi, passando per ammiccamenti, abbracci, photo opportunities. Arrivando oggi alle riunioni del centro destra per le elezioni comunali, dove il “genio guastatore”, non pago di aver portato Mauro Piazza alla rinuncia di candidatura, troppo vecchio del mestiere per non vedere la trappola, si diletta in provocazioni verso la Lega e in bruciature di nomi proposti. Scena principale: Hostel di Lecco, tavolo triste e mogio delle quattro forze politiche in campo, giovedì prima di Pasqua, pioggia. Schierate Forza Italia con a capo Gagliardi, Lega con Butti, Lista Civica con Minuzzo e Fratelli d’Italia con Negri. Già così, solo elencando la formazione, Gattinoni inizia a sorridere. Ma si mette in panciolle quando gli raccontano il resto della serata. Con Piazza che se ne va dopo 5 minuti e promette che sarà l’ultima volta “che perde tempo con le elezioni di Lecco”. Con Butti che se ne va dopo 10 minuti, anche lui irritato da Zamperini per questioni che nulla hanno a che vedere con Lecco. Con il resto della ciurma che abbozza, e mette lì qualche nome: Lorenzo Riva, industriale di primo rango, Piero Poli, medico stimatissimo, lo stesso Emilio Minuzzo, giovane rampante, Filippo Boscagli, navigato politico con cotanto cognome, e Stefano Fiocchi, imprenditore delle munizioni che però “forse non glielo abbiamo ancora detto”. Mica male come paniere in cui scegliere. Ma anche persone che, se avessero visto la bagarre della riunione e il clima distruttivo di accuse e ripicche, ritirerebbero alla svelta le proprie disponibilità. Soprattutto chi viene dalla società civile.
Le chance del centrodestra di riprendersi la città sono ormai al lumicino. E dire che solo un anno fa Gattinoni annaspava sotto i colpi di manifesti de “Il Mauro giusto”, in quella che sembrava una probabile vittoria che avrebbe aperto spazi per tutti. E invece si è rovesciata la situazione, con la netta impressione che qualcuno si dava da fare per perdere.
Ma davvero il centro destra può soccombere così, sotto la strategia di Zamperini? Sotto le manovre sgarrupate di chi non vanta certo il curriculum di raffinato politico? Davvero la Lega può incassare questa umiliazione e rassegnarsi a una sconfitta certa? E Mauro Piazza, così da tutti stimato personalmente e considerato un machiavellico stratega, può farsi condizionare dall’ultimo arrivato e, anziché mandarlo a quel paese e gettarsi nella sfida con il Gatto, preferire la rinuncia? Davvero nessuno tra i meloniani, a Lecco o Milano, è in grado di aprire gli occhi e intervenire, fermando un suicidio collettivo? Davvero la classe di politici e amministratori del centrodestra non ha voglia di far sentire la propria voce con un po’ di saggezza?
Gettare la spugna fa diventare ancora più spavaldo chi abbonda di tracotanza. A noi piacciono persone che quando hanno un po’ di potere sono ancora più umili di prima, ma qui si rischia invece di alimentare l’arroganza di chi non potrebbe nemmeno permettersela. “Terra Bruciata” lascerà un deserto, con un solo sopravvissuto, ovvero colui che ha gettato i fiammiferi. Non è una favola a lieto fine. Ma semmai una dove si scrive, per anni, la parola fine.
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