LETTERA/”COSPITO, TREZZI
E I TEMI INDIGESTI”

Cortese Redazione,
dopo aver letto l’intervento di Trezzi su Cospito e annessi non posso non esprimere alcune pur sintetiche valutazioni. Riducendo volutamente alla sostanza della questione, quello che mi sembra sfugga rispetto all’art.41 bis e al cosiddetto ergastolo ostativo è la natura di tali provvedimenti pensati in origine, in particolare da Giovanni Falcone, per impedire che importanti capi mafiosi potessero in regime carcerario comunicare coi loro affiliati perpetrando così azioni criminali. Idem per il cosiddetto ergastolo ostativo: non solo a mio parere, un condivisibile strumento per indurre i boss mafiosi ad assumersi, anche umanamente, tutte le proprie responsabilità rispetto a se stessi e agli altri e in particolare alle proprie vittime.

Se lo scopo della detenzione, giustamente, è quello di “recuperare l’uomo” e non solo quello di tutelare la collettività, è questo esercizio di responsabilità che dovrebbe connaturare la “rieducazione”. Questa mi sembrerebbe la sostanza, altro invece ciò che vi si è sovrapposto. Anche qui semplifico all’osso per facilitare la comprensione: ho avuto il piacere di assistere a un incontro di studenti del nostro territorio con Gherardo Colombo in cui, sollecitato su questo tema, ha posto loro una domanda diretta: “Chi di voi ha letto il 41 bis?” Dopo aver costatato nessuna risposta ha in qualche modo giustificato tale diffuso silenzio parlando di una cinquantina di pagine collegate. In definitiva l’ex magistrato Colombo ha teso evidenziare che attorno al 41 bis si sono aggrovigliate una serie di disposizioni e circolari attuative che di fatto hanno effettivamente reso contraddittorio e a volte inumano il trattamento carcerario per chi vi è sottoposto.

Allora mi chiedo, da comune cittadino che cerca di comprendere, perché non si mette mano a queste storture o eccessi interpretativi ma evitando di “picconare” il 41 bis e l’ergastolo ostativo preservandone le giuste funzioni originarie? Dico questo perché non sono certamente l’unico ad aver percepito uno strisciante interesse a depotenziare queste normative per ragioni tutt’altro che “nobili”, che invece giustamente muovono alcuni tra cui mi sembra Trezzi. Quindi, perlomeno a mio parere, è all’interno di questo quadro di riferimento che bisognerebbe muoversi, ben al di là della specifica situazione di Cospito.

In tema di dubbi sull’espressione del pensiero e sulla libera circolazione delle idee, pur in ben più contenuti ambiti, è un po’ di tempo che registro una certa difficoltà a far pubblicare miei “contributi” su alcuni siti locali. Pur avendo ben presente e doverosamente rispettando l’ovvia autonomia decisionale e la linea editoriale delle singole redazioni, a volte mi assale il dubbio che sia il contenuto a volte scomodo, per certo sistema dominante, a pregiudicarne in qualche modo la pubblicazione. Un recente esempio? Un tema provocatorio come questo “La povertà non esiste”, peraltro invece pubblicato su di un paio di testate. Solo presunzione la mia? Giudichino i lettori… sempre se sarà pubblicato anche questo mio.

 

Germano Bosisio