Rieccoci.
Dopo la travagliata tornata elettorale dell’8 e 9 giugno scorso, ecco che a Bruxelles si stanno tessendo più o meno palesemente gli accordi per assicurare il rinnovo delle principali cariche istituzionali europee. Su tutto questo una immancabile ridda di valutazioni, tatticismi e dialoghi spesso sotterranei e relative prese di posizione perlomeno apparenti.
Il tutto altrettanto ovviamente narrato ma forse anche un po’ alimentato dal GCM (Grande Circo Mediatico, come uso definirlo) che spesso sovrappone un puntuale resoconto degli eventi che si stanno alternando a una sequela di ipotesi interpretative la cui fondatezza sembra appartenere più al mondo del gossip che dell’effettiva cronaca giornalista.
Ma a parte queste amenità di contorno, quello che preoccupa i cittadini europei sono le grandi questioni che questa Europa ha di fronte quali scenari di guerre, così come non mai vicine, un ineludibile tema ambientale, il suo ruolo geopolitico perlomeno appannato e soprattutto una questione sociale sempre più precaria dove le diseguaglianze tra ricchi e poveri stanno aumentando ben al di là del solito ritornello a base di Pil, spread, debito pubblico e quant’altro.
Su tutto ciò poi sta crescendo un “nazionalismo” esasperato ( non mi piace il termine stra-abusato di “populismo” che nella sua accezione migliore potrebbe contenere anche valori condivisibili) che sta sempre più appannando i principi solidaristici sociali ed economici che avevano ispirato i suoi Padri Fondatori.
Ma quello che più dovrebbe preoccupare tutti noi è l’apparente mancanza di alternative a un modello di sviluppo neoliberista che ha imposto “regole” a una globalizzazione, che invece di promuovere l’integrazione tra popoli e realtà diverse, si presenta all’alba del terzo millennio con le caratteristiche di un’economia (e soprattutto di una dittatura della finanza) senza volto e senza uno scopo veramente umano, per dirla come Papa Francesco.
Dovrebbe essere questo il campo su cui le istituzioni e le varie forze politiche non solo europee si dovrebbero realmente confrontare al di là di etichette e presunte differenze che di fatto finiscono con l’appiattirsi su un “pensiero unico” che fa del mercato un feticcio a cui sacrificare la centralità dell’essere umano. Da mezzo infatti è ormai diventato un fine.
Del resto è proprio sulla lotta alle disuguaglianze e sul perseguimento di un benessere diffuso che coloro che avevano pensato questa Europa dei Popoli ritenevano dover fondare il suo preminente assetto. Non è un caso che il cosiddetto “Stato Sociale” o Welfare State era ed è (ma lo stanno intaccando) una delle sue caratteristiche base.
Invece stiamo sempre più assistendo a un conflitto più o meno sotterraneo di interessi nazionali che non sembra saper trovare un punto di equilibrio, ma che ha come comune denominatore quelle “leggi dell’economia” che addirittura nei fatti sono predominanti sull’esercizio della democrazia dei popoli (basti pensare alla dittatura dello spread e al cappio del Debito Pubblico).
Continuo ad aspettarmi risposte concrete da parte delle varie forze politiche.
Germano Bosisio