LETTERA MINATORIA
A FUNZIONARIO DELLA QUESTURA:
UDIENZA IN TRIBUNALE

LECCO – Una giostra di flirt, un uomo inviso e un plico minaccioso. Sono questi  gl’ingredienti non di un teleromanzo, ma quanto si è udito oggi in Tribunale a Lecco.

Un giorno del 2011, Aldo Lavelli, un funzionario dell’Ufficio Previdenza generale e soccorso pubblico della Questura di Lecco, riceve una lettera con la frase:“La cacciata dalla squadra mobile è solo l’inizio delle tue disgrazie”.  La cosa lo inquieta al punto di sporgere denuncia. Da lì, la vicenda finisce in Tribunale e oggi, venerdì, ha visto come imputati per diffamazione e violazione della privacy Cesare Ratti, suo amico di infanzia e Antonella Todesco, sua ex compagna.

Ma che cosa è successo prima e perché lui si è determinato a passare per le vie legali? Lo ha raccontato stamane in aula al giudice Enrico Manzi: avrebbe avuto una storia sentimentale con Antonella Todesco fino al 2008, anno in cui inizia a frequentare anche R. C., conosciuta proprio tramite Cesare Ratti, l’amico di sempre. Per non farsi mancare la compagnia femminile contemporaneamente avrebbe continuato a vedersi con la Todesco e pure con un’altra donna C. S.

Una girandola di relazioni che indispettisce. Così i due imputati avrebbero invitato in forma riservata la nuova fiamma di Lavelli, R.C., per raccontarle chi stesse frequentando secondo loro. Avrebbero parlato di “un cattivo uomo, padre e poliziotto”.

Da quanto riferito in aula dalla stessa R.C. le sarebbe stata fatta ascoltare una telefonata tra lei e il poliziotto. Una registrazione che Ratti avrebbe detto di aver realizzato con un mp3 nascosto sotto il maglione. R.C. riconosce il dialogo perché “faceva riferimento a una cosa molto personale. E mi è stato anche riferito che lo pedinavano. All’epoca non l’ho detto ad Aldo per paura di una sua reazione. Dopo quell’episodio hanno iniziato ad appostarsi anche fuori da casa mia e così ho fatto scrivere una lettera di diffida dal mio avvocato. Hanno anche cercato di incontrarmi di nuovo, arrivando a casa mia, ma non ho aperto la porta”.

Il giallo s’infittisce quando nella cassaforte del dirigente della Squadra Mobile, all’epoca Silvio Esposito, fu ritrovato la copia dei documenti rinvenuti nella buca delle lettere di Lavelli: tutti tranne la prima lettera di minacce.

In ogni caso la querelle venne affrontata dalla Questura di Lecco con alcune indagini, riferite durante la testimonianza di  Domenico Nera, sostituto commissario. Dopo aver sentito Ratti e Todesco gl’inquirenti non trovarono nulla a carico di Lavelli. Messi insieme questi episodi lavelli deve aver ritenuto che fosse troppo e che la coppia – oggi imputata – gli stesse troppo e pesantemente addosso ecco quindi la denuncia e l’attuale processo a carico dei due.

Al di là della faccenda tra i tre protagonisti, questo procedimento potrebbe aiutare ad aggiungere certezze su una normativa – quella sulla privacy – dai contorni spesso sfumati.